Laicato Saveriano

Uomini nel Mediterraneo

Il 13 e il 14 Febbraio è stato proposto un duplice appuntamento per approfondire la conoscenza del fenomeno migratorio e osservare la situazione umanitaria ad alto rischio che connota il Mediterraneo, interpellando le coscienze di molti, soprattutto degli abitanti di Salerno, antico porto che ha accolto popoli e culture, conosce la prima regola dell’uomo di mare: non si lascia nessuno in mare!

In questa casa di migranti, perché quella Saveriana è una congregazione di migranti provenienti da ben 21 paesi del mondo, è stato accolto l’on. Erasmo Palazzotto, in una sala gremita da ben 100 persone interessate al tema Uomini nel Mediterraneo.

Il Direttore dell’Ufficio Migrantes della Diocesi di Salerno-Campagna-Acerno, Antonio Bonifacio ci introduce all’analisi del tema, presentando il Mediterraneo non solo come luogo geografico, ma come crocevia di genti, vicende, circostanze alla base di equilibri fatti e disfatti. Il Mediterraneo è fusione di identità che generano un’unità fatta di sovrapposizioni, compenetrazioni tra civiltà. Il Mare Nostrum è la storia delle comunità che vi si affacciano, commerciando e contendendosi lo stesso territorio, tra relazioni non sempre amichevoli. La distesa blu in cui la nostra penisola si estende, non ha mai cessato di avere un ruolo rilevante nelle dinamiche della storia antica e contemporanea, persino al di là e al di fuori di singoli individui; oggi è un’area suddivisa in zone SAR (Search and Rescue) interessata del fenomeno migratorio che ci provoca con la stessa biblica domanda posta da Papa Francesco a Lampedusa: Dov’è tuo fratello? Il Direttore Migrantes richiama, in affiancamento all’atteggiamento del cristiano, il senso civico e la cultura della solidarietà che possono renderci cittadini del mondo, se solo imparassimo a dar seguito alle parole del Presidente Mattarella, il quale invita i connazionali a mutare prospettiva, sforzandosi di accogliere il coraggio di coloro che arrivano a noi e la ricchezza delle loro culture.

La parola è poi passata al giornalista Marco Rizzo, in collegamento via skype dalla sua terra siciliana; egli ha raccontato la sua esperienza in mare, oggi racchiusa nella graphic novel “Salvezza” edita da Feltrinelli, di cui è lo sceneggiatore, che è divenuta modalità nuova per offrire testimonianza. Marco ha sottolineato subito qual è la missione che porta avanti con l’illustratore Lelio Bonaccorso: rimuovere tutto il fango che è stato gettato sulle ONG che prestano soccorso in mare. Ci ha invitato a dare la parola ai migranti, la cui voce non viene ascoltata né interpellata, solo perché non hanno potere di voto, né forza comunicativa. È importante, invece, parlare delle loro storie, senza slogan politici, e liberare la nostra narrazione da false immagini come quella che vede attraversare il mare solo uomini forti e robusti: “i nostri occhi – dice Marco – hanno visto bambini appena nati, uomini malati, donne incinte e quelli che sembravano essere in salute erano invece segnati da cicatrici e marcati, nel corpo e nella psiche, dalle torture”.

Marco ci ha raccontato la vita a bordo di Aquarius di SOS Mediterranee, ricca di momenti formativi ed esercitazioni per saper essere poi attivi nel momento dell’effettivo bisogno. Le giornate di soccorso, infatti, richiamano le capacità di tutti i soccorritori presenti, trasformando la nave in un micro mondo che si basa sulla fiducia nell’altro.
I volti dei naufraghi recuperati in mare, sottratti a morte certa (quella delle acque o quella della detenzione libica) restano indelebili negli occhi di Marco e racchiusi nel blocco degli schizzi di Lelio (https://youtu.be/ctwMmUVHKms). “Da questi uomini e da queste donne – ha detto Marco – ho imparato a rivalutare la mia quotidianità riscoprendo i veri valori della vita, e per questo li ringrazio. Le loro storie di vita mi parlano di paesi in cui si schiacciano i diritti umani, si vive in condizioni governative destabilizzate o con dittature feroci, dai quali si fugge alla ricerca di una prospettiva di vita”. Davanti alla strage dei migranti che muoiono nella traversata del Mediterraneo, la stessa Liliana Segre, osservando i tragici eventi, dice che riscontra la stessa indifferenza che si aveva dinanzi alle deportazioni naziste, quando “i vicini di casa non ne sapevano nulla: vedevano i morti e facevano finta di niente; sentivano la puzza della gente che bruciava venir fuori dalle ciminiere eppure, per paura, faceva finta di nulla”.
Marco Rizzo ci ha invitato a ritornare in strada, nelle piazze ad offrire testimonianze per facilitare il contatto della gente con la realtà migrante e la sua positiva ricchezza, per raccontare cosa veramente avviene nei Paesi prossimi all’Italia e presentare le condotte politiche del nostro governo. È tempo di fare informazione, perché occorre contrastare le fake news che abitano la rete, divenuta la principale fonte di informazione, nel cui mare magnum di condivisioni postate in facebook, molte persone non ricercano la verità dei fatti in fonti autorevoli, bensì si limitano a diffondere bufale e false notizie.
A questo interessante contributo, ha fatto seguito la testimonianza di Erasmo Palazzotto, onorevole della Repubblica Italiana, co-fondatore di Mediterranea Saving Humans, la nave italiana che monitora, testimonia, denuncia la drammatica situazione dei migranti in mare che rischiano la vita attraversando il Mediterraneo, nel silenzio, nell’assenza di soccorsi, nella complice indifferenza dei governi europei.
Tutta l’assemblea riunita è stata ringraziata perché ancora capace di dare voce ad esperienze di questo tipo, prendendo posizione. Erasmo ha descritto il mediterraneo come epicentro di una crisi, generata, tra l’altro, dalle contraddizioni del nostro sistema di sviluppo e che il fenomeno migratorio ci fa leggere.
“Se rappresentassimo su una mappa il processo di desertificazione e lo sovrapponessimo a quello delle terre di partenza dei migranti, rappresentate da paesi che vivono destabilizzazione sociale e politica – ha detto Erasmo – vedremo che esse coincidono. Ci dovremmo ricordare che i cambiamenti climatici sono effetti del modello di sviluppo dei paesi occidentali coi suoi stili di consumo”. Di certo, il fenomeno migratorio è stato drammatizzato dai governi Europei che parlano, come quello italiano, di invasione e sostituzione etnica: è una percezione alimentata da slogan politici e non dai dati statistici che descrivono la realtà.
Circa il fenomeno migratorio lungo la rotta del Mediterraneo, ci sono state 2 foto che hanno segnato l’opinione pubblica negli ultimi anni, segnando le coscienze in maniera significativa: quella delle 368 vittime a Lampedusa (03.10.2013) e quella del piccolo Aylan (02.09.2015) ritrovato morto sulla spiaggia. Dal primo tragico evento è scaturita la più bella risposta dell’Italia: l’operazione Mare Nostrum, che già nella sua denominazione lasciava intendere quel senso di partecipazione e coinvolgimento, perché il Mediterraneo è confine dialogico per tanti popoli, luogo di incontro tra civiltà e scambi. La triste vicenda di Aylan ha invece spostato l’attenzione sulla protezione dei confini, per l’avanzata dei profughi dalla Syria e la crisi libica che hanno alimentato venti di insicurezza ai quali fu data risposta con l’operazione Mare Sicuro, nata per “la sicurezza del mare che è fondamentale per il nostro Paese: oltre il 90% delle materie prime vengono via mare, quindi se non arrivasse il gas, non arrivasse il petrolio, l’impatto sarebbe immediato non solo in termini industriali ed economici ma in termini di vita di tutti i giorni. Questo è uno dei compiti fondamentali della Marina militare e di Mare Sicuro in particolare, visto che protegge i nostri lavoratori e le piattaforme che sono condivise tra l’Eni e la controparte libica” (l’operazione mare Sicuro fu così presentata dall’ammiraglio di squadra Donato Marzano).
I confini degli stati vengono presidiati e il transito di chi migra viene ostacolato dagli accordi con la Turchia e lo pseudo governo libico, affinchè tengano i profughi lontano dall’occhio dell’opinione pubblica. È l’Italia con tutta l’U.E. ad aver stretto tali accordi con Erdogan e le milizie libiche per rendere il Mediterraneo un deserto, un cimitero. Nessun porto libico può essere considerato oggettivamente un porto sicuro, ma siamo stati capaci di “trovare l’inganno”, per ovviare a quella legge che non può essere a tutela di tutti gli uomini. Con la costituzione della nuova SAR libica, costruita dal governo di Tripoli, con il contributo fattivo dell’Italia e della Commissione europea, si è certificato che il recupero e il salvataggio di quanti tentavano la traversata era per lo più “faccenda” dei libici. Questa soluzione, del resto, faceva comodo a tutti ed andava inscenata: era un alibi per rasserenare certe coscienze politiche in Italia e a Malta, i Paesi più direttamente esposti al flusso migratorio provenienti dal Nord Africa.
“Possiamo affermare che la cosiddetta zona Sar libica è in realtà un quadrante dove si susseguono mere operazioni di polizia, spesso condotte con metodi brutali, di cui sono stato – ha raccontato Erasmo – io stesso testimone, in occasione del salvataggio di Josefa. Ho visto la brutalità libica, si prova rabbia per l’impotenza di non poter cambiare le cose, ma ciò che fa la differenza è quella vita salvata. Salvare una sola vita equivale a salvare l’umanità intera”.
In mare le ONG sono divenute scomodi testimoni e per questo motivo le loro azioni sono state infangate, lasciandole inficiare da dubbi ai quali poi, nessuna inchiesta, ha saputo dar seguito con la designazione di reato. Ma intanto il danno è stato arrecato alle ONG, imbrigliate ora in procedimenti di ricorso perché accusate da politici e procure di essere finanziate dagli scafisti o di collaborare con i trafficanti di esseri umani e dunque hanno dovuto lasciare momentaneamente il Mediterraneo. I governi continuano a fare accordi con dei criminali facendo riportare i naufraghi in Libia, facendo passare questa operazione come se fosse in linea con le Convenzioni internazionali: ma sono non è così, perché un’infinità di rapporti delle Nazioni Unite sulle condizioni in Libia smentiscono lo status di porto sicuro.
“I naufraghi recuperati in mare – dice Erasmo – ci dicono che preferiscono morire piuttosto che tornare in Libia”. La politica dei porti chiusi genera morti in mare, di cui nessuno sa nulla; tale azione di governo non rimuove le cause della migrazione che continua a portare uomini, donne e bambini verso le coste italiane dove arrivano con “sbarchi fantasma” ovvero non diffusi dalla stampa. La frontiera del Mediterraneo è ora annoverata tra le più pericolose al mondo, perché porta a morte certa. “Dinanzi a tutto questo – dice Erasmo – non potevamo restare immobili e far finta di niente. Nasce così Mediterranea Saving Humans (https://mediterranearescue.org): per creare un ponte tra il mare e la terra ferma, per tramutare l’indignazione in azione”.
Mediterranea è un’azione non governativa portata avanti dal lavoro congiunto di organizzazioni di natura eterogenea e di singole persone, aperta a tutte le voci che da mondi differenti, laici e religiosi, sociali e culturali, sindacali e politici, sentono il bisogno di condividere gli stessi obiettivi di questo progetto, volto a ridare speranza, a ricostruire umanità, a difendere il diritto e i diritti. Mediterranea è un’azione di disobbedienza, perché disobbedisce al discorso pubblico nazionalista e xenofobo e al divieto di testimoniare quello che succede nel Mediterraneo; è un’azione di obbedienza civile perché obbedisce alle norme costituzionali e internazionali, da quelle del mare al diritto dei diritti umani, comprese l’obbligatorietà del salvataggio di chi si trova in condizioni di pericolo e la sua conduzione in un porto sicuro se si dovessero verificare le condizioni.
“Mediterranea ha deciso di mettere in mare una nave battente bandiera italiana, attrezzata perché possa svolgere un’azione di monitoraggio e di eventuale soccorso, nella consapevolezza che oggi più che mai salvare una vita in pericolo significa salvare noi stessi e l’umanità intera (https://www.youtube.com/watch?v=koaBP4jgagg)”. Mediterranea cura rapporti di collaborazione preziosa con le principali ONG che svolgono attività di Search and Rescue nel Mar Mediterraneo, come Sea-Watch e Proactiva Open Arms. L’esperienza di Mediterranea è possibile anche grazie a Banca Etica, che ha concesso il prestito per poter avviare la missione. Banca Etica supporta inoltre le attività di crowdfunding e ha svolto attività di tutoraggio per gli aspetti economici dell’intera operazione.
Prima di congedarsi, Erasmo ricorda che la nave Mare Jonio (nome dell’imbarcazione di Mediterranea Saving Humans) può solcare il mare solo grazie all’equipaggio di terra costituito da quanti promuovono eventi di raccolta fondi e ne raccontano l’esperienza, mantenendo desta l’attenzione sul mar Mediterraneo perché su quelle acque si sta scrivendo la storia, lì dove il vecchio mondo incontra il nuovo che sta arrivando.
L’evento, con il suo corredo di testimonianze, si è ripetuto presso un Istituto Superiore della città, incontrando 200 studenti, e si è replicato anche ad Eboli nell’Auditorium S. Bartolomeo. Dopo qualche giorno la Mare Jonio è partita per la sua missione e la cronaca ha subito dato notizia del salvataggio operato in mare. Noi tutti siamo con Mediterranea Saving Humans.

Marta Chiaradonna