Il Centro giovani Kamenge. Nato nel 1992 su due ettari della diocesi di Bujumbura si trova nei quartieri Nord, ovvero nella periferia più povera e dimenticata della capitale. Si estende tra i comuni di Bueterere, Cibitoke, Gihosha, Kamenge, Kinama e Ngagara e oggi conta circa 50.000 iscritti. Si tratta di un grande spazio formativo per i giovani che vi accedono per qualsiasi tipo di attività: dalla biblioteca al calcio, passando per la musica e le lezioni di informatica. Un centro di speranza ma un centro “scomodo”. ( a cura di Claudio Condorelli)
Mi scrive padre Claudio Marano :
Oggi al Centro giovani Kamenge, si ricorda il martirio di Jerome e Joelle e la morte di tutti gli altri giovani del Centro, circa 300, in questi 30 anni di esistenza. Jerome aveva 30 anni e Joelle 24. Sono stati uccisi il 7 maggio del 2007. Siamo insieme. Un forte abbraccio.
Claudio.
Allora gli chiedo da quando manca e quanto gli manca il centro. Se ha ancora contatti, cosa è cambiato.
5 anni fa, a causa di una serie di minacce, non nuove, i miei superiori mi hanno fatto rientrare in Italia e da allora sogno il Centro, vesto come al Centro, vivo in Burundi, non fisicamente, naturalmente, ma con il pensiero, con le azioni.
Non sono abituato ad abbandonare l’aratro. D’altra parte con che cuore abbandoni 50.000 iscritti a questo vulcano di pace, senza lasciarti sfiorare? Specie i primi tempi sono stati impossibili, poi mi sono assuefatto e vivo con. Il Centro è nella mia vita.
Lo seguo con contatti continui in Burundi, via telefono e internet, lo seguo seguendo e testimoniando il Centro in attività, incontri, seguendo i gruppi e le persone che hanno condiviso che continuano a seguirci e, specie, seguo il gruppo di animatori del Centro che si sono sposati con i volontari italiani o meglio le ex volontarie italiane e con quelli che sono in giro, pochissimi, in Usa, Canada, Francia, Inghilterra, Belgio.
Gli sposati in Italia, sono 10 e vivono la grande preparazione che il Centro ha dato. Sanno la lingua, hanno i documenti, hanno lavoro, hanno una vita normale, con moglie e figli, operano, nella società dove sono inseriti, come responsabili, come animatori di ideali, da noi, spesso dimenticati.
Sono delle persone che si ricordano e vivono con e al Centro, con la testa e mi ricordano, quando io inizio a sbuffare, per la stanchezza fisica, morale, spirituale, che comporta questa vita, che la nostra vita al Centro era altro e spesso sono loro che mi rimettono in cammino. 5 – 6 volte all’anno inviamo loro dei finanziamenti per dei progetti specifici, abbiamo invitato il responsabile del Centro a fare un giro di un mese in Italia per parlare e dirgli quello che sentiamo, per fargli sentire quanti li stanno seguendo e quando è possibile, si va al Centro per visite, e per delle soste con gli amici e per condividere la vita del Centro. Questo specie gli ex volontari e i burundesi.
Il Centro? Continua con la “filosofia” che noi abbiamo loro soffiato, fin dall’inizio. Il Centro è un luogo di pace dove giovani, tra i 16 e 30 anni, si ritrovano, vivono e sognano insieme un Burundi diverso, giovani di diverse etnie, religioni, provenienze, situazioni sociali, ragazzi e ragazze, per un Burundi, finalmente dei tutzi e degli hutu.
E tutto continua come prima con gli stessi parterns, con gli stessi metodi, cioè con le collaborazioni con i quartieri, le comunità, le associazioni per vivere, quotidianamente in pace e nella collaborazione totale. E’ guidato ed è proprietà della chiesa cattolica di Bujumbura. Per dire concretamente anche la comunione, hanno appena preso un premio ecumenico dalla Germania per la pace per i paesi dell’Africa Centrale.
Ma forse bisogna ricordare alcune cose, che ci potrebbero spiegare le scelte del Centro. Il Centro è in Burundi. Un paese che ha bisogno di sentire che cos’è la pace. Dal 62 a oggi ci sono stati massacri, violenze di ogni genere, dittature, una guerra di 13 anni. E perché? Perché in Burundi ci sono 2 etnie, che vivono insieme, hanno la stessa lingua, la stessa cultura. Gli hutu, numericamente sono superiori e i tutzi sono minoritari. Da 58 anni si battono, si dividono, si massacrano. L’Onu dice che in questi anni ci sono stati 500 mila uccisi e milioni di gente scappati nei paesi vicini.
Ora, in chiara dittatura hutu, non conclamata, ci sono 500 mila tutzi scappati all’estero per sopravvivere. In questa terribile situazione, è indispensabile far vivere i giovani nella pace, come proposta di vita e fare far esperienza a tutti loro, come cosa possibile, molto migliore, e unica per far uscire il Burundi dalla poverta e dall’insicurezza cronica.
Il Centro ha bisogno di continui finanziamenti perché è nel paese più povero del mondo, ma specialmente perché il giovane non paga niente per essere iscritto, perché se pagasse qualche cosa potrebbe utilizzarlo come centro sociale solo chi ha un minimo di reddito e lo stragrande numero non potrebbe entrare in questa oasi di pace.
Ecco perché è un Centro educativo alla pace. Ogni giorno, nella vita quotidiana, giocando, studiando, frequentando dei corsi, vedendo films, partecipando a formazioni, lavorando per far sentire cos’è la pace nei quartieri e nel paese, vivendo insieme, il giovane si abitua a un clima di convivenza, di futuro, di sogno che non trova nella vita quotidiana.
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Marano Claudio Romeo
- Missionari Saveriani.
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