Amazzonia :Nuovi Cammini per la Chiesa e per un’ecologia integrale

Alberto Chiappari, dell’equipe America latina del Laicato Saveriano, ha scritto per “Agenda” (bollettino mensile del Laicato Saveriano)un interessante articolo sul prossimo sinododedicato all’Amazzonia. Vi consigliamo di leggerlo perché offre molti spunti di riflessione su questo importante appuntamento missionario che coinvolgerà tutta la chiesa e che rappresenta una bellaoccasione di animazione anche per la nostra famiglia laicale.

Pubblichiamo la prima parte.

Nella recente intervista, don Giancarlo Dall’ospedale ci ricordava l’indizione da parte di Papa Francesco di un Sinodo speciale sull’Amazzonia. Tale Sinodo si terrà a Roma nell’ottobre di quest’anno.

Francesco ha spiegato come la sua decisione, annunciata    nell’ottobre    2017,    fosse    stata  presa   accogliendo   le   richieste   di   vescovi   e singoli fedeli di tutto il mondo in quanto “L’Amazzonia  è  per  tutti  noi  una  prova decisiva  per  verificare  se  la  nostra  società,  quasi sempre ridotta al materialismo e pragmatismo,  è  ancora  in  grado  di  costudire ciò che ha ricevuto gratuitamente, non per saccheggiarlo, ma per renderlo fecondo”.

Il bacino amazzonico rappresenta per il nostro pianeta  una  delle  maggiori  riserve  di biodiversità (dal 30 al 50 % della flora e fauna del mondo) e di acqua dolce (20% dell’acqua dolce  non  congelata  di  tutto  il  pianeta); possiede più di un terzo dei boschi primari del pianeta  e,  benché  i  maggiori  serbatoi  di carbonio siano in realtà gli oceani, non per questo si può ignorare il “lavoro” di raccolta di carbonio in Amazzonia. Si tratta di più di sette milioni  e  mezzo  di  chilometri  quadrati,  con nove Paesi che si spartiscono questo grande bioma (Brasile, Bolivia, Colombia, Ecuador, Guyana, Perù, Suriname, Venezuela, Francia – Guyana francese).  Vi vivono 35 milioni di abitanti, di cui oltre due milioni e mezzo sono indigeni appartenenti a circa 390 popoli autoctoni, che parlano 240 idiomi diversi.

Lo scopo principale del Sinodo secondo il Papa, dovrà  essere  quello  di  “individuare  nuove strade  per  l’evangelizzazione  di  quella porzione del popolo di Dio, specialmente degli  indigeni, spesso dimenticati e senza la prospettiva di un avvenire sereno”.  L’incontro che ha avuto con i popoli indigeni a  Puerto  Maldonado  in  Perù  è  stato  l’occasione per  lanciare  a  tutto  il  mondo  la  notizia  della  cura e dell’attenzione che Francesco ha per i popoli indigeni.

Il documento preparatorio è molto ricco e si divide in tre grandi paragrafi corrispondenti al metodo “vedere, discernere, agire”.

L’analisi parte perciò dal rappresentare la situazione  attuale  della  regione  amazzonica.  La  ricchezza  della  foresta  e  dei  fiumi amazzonici si trova minacciata da grandi interessi economici. Tali interessi provocano “l’intensificazione           della           devastazione  indiscriminata  della  foresta  e  la contaminazione delle acque. A ciò si aggiunge il narcotraffico, che, sommato a quanto detto, mette   a    repentaglio   la   sopravvivenza   dei  popoli che dipendono dalle risorse animali e vegetali di questi territori”.  D’altra parte, le città dell’Amazzonia sono cresciute    molto    rapidamente,    accogliendo  molti  migranti  e  profughi  costretti  a  fuggire dalle loro terre, sospinti verso le periferie dei grandi   centri   urbani.   In   maggioranza   sono popoli  indigeni,  popoli  delle  rive  dei  fiumi  e  popoli di origine africana, espulsi dall’industria, accerchiati progressivamente dall’espansione delle attività di disboscamento.  Oggi,  purtroppo,  esistono  ancora  tracce residuali del progetto colonizzatore che ha generato  rappresentazioni  di  inferiorità  e  di  demonizzazione delle culture indigene. Queste tracce indeboliscono  le  strutture  sociali indigene e rendono possibile il fatto che essi vengano      privati      delle      loro      conoscenze  intellettuali e dei loro mezzi di espressione.

Probabilmente, come  ha   affermato Papa Francesco a         Puerto Maldonado,       i popoli originari  amazzonici  non  sono  stati  mai  così minacciati come adesso.Proteggere i popoli indigeni e i loro territori è un’esigenza etica fondamentale e un impegno imprescindibile   per   i   diritti   umani.   Per   la  Chiesa  ciò  si  trasforma  in  un  imperativo morale coerente con la visione di ecologia integrale dell’enciclica “Laudatosi’”.

Per  i  popoli  indigeni  dell’Amazzonia,  il “buon  vivere”  esiste  quando  si  vive  in  comunione con gli altri, con il mondo, con gli esseri circostanti e con il Creatore. I popoli indigeni, infatti, vivono all’interno della casa che Dio stesso  ha  creato  e  ha  dato  loro  in  dono:  la Terra. Le loro diverse spiritualità e credenze li portano a vivere una comunione con la terra, l’acqua,  gli  alberi,  gli  animali,  con  il  giorno  e con la notte.

L’annuncio  del  Vangelo  in  Amazzonia acquisisce pertanto una dimensione sociale, ecologica    ed     una    dimensione    ecclesiale-  missionaria che non possono essere disgiunte fra loro.    L’ecologia integrale di cui parla Francesco è un paradigma relazionale che articola fra loro i vincoli fondamentali che rendono possibile un vero sviluppo. In particolare c’è un vincolo intrinseco fra l’elemento sociale e l’elemento ambientale.  Dato  che  come  esseri  umani siamo  parte  degli  ecosistemi  che  favoriscono le relazioni che danno vita al nostro pianeta, prendersi cura di questi ecosistemi – nei quali tutto è interconnesso – è fondamentale per promuovere sia la dignità di ogni individuo che il bene comune della società, sia il progresso sociale che il rispetto dell’ambiente.

In Amazzonia la nozione di ecologia integrale è una chiave per rispondere alla sfida di tutelare l’immensa ricchezza della sua biodiversità ambientale e culturale. Riconoscere il territorio amazzonico    come    bacino,    al    di    là    delle  frontiere  tra  i  Paesi,  aiuta  ad  avere  uno sguardo integrale sulla regione, essenziale per la  promozione  di  uno  sviluppo  e  di  una ecologia integrali.  “Dal punto di vista culturale, l’Amazzonia è particolarmente  ricca  in  virtù  delle  diverse  e  ancestrali concezioni del mondo delle sue popolazioni. Le minacce provengono – principalmente – da una «visione consumistica dell’essere  umano,  favorita  dagli   ingranaggi  dell’attuale economia globalizzata, [che] tende a rendere omogenee le culture e a indebolire l’immensa varietà culturale, che è un tesoro dell’umanità” (LS 144).  Pertanto, il processo di evangelizzazione della Chiesa in Amazzonia non può prescindere dalla promozione e dalla cura del territorio (natura) e  dei  suoi  popoli  (culture).  Per  questo,  ha  bisogno  di  stabilire  ponti  che  possano articolare i saperi ancestrali con le conoscenze contemporanee (cf. LS 143-146), particolarmente quelle che riguardano l’utilizzo  sostenibile  del  territorio  e  uno  sviluppo coerente con i sistemi di valori e con le culture dei popoli che abitano questi luoghi, da riconoscere  come  loro  autentici  custodi,  e  in  definitiva come loro proprietari.  Soltanto quando saremo coscienti di come il nostro  stile  di  vita  e  il  nostro  modo  di produrre, commerciare, consumare e scartare  influenzano la vita del nostro ambiente e delle nostre società, allora potremo avviare un cambiamento di rotta integrale. – continua

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