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Marocco : alla scoperta di nuove realtà

Carmine Paciello con Antonio Bonifacio, ed altri due amici Stefano Serraino e Fabio Citro, è stato in Marocco per un’esperienza di ascolto e conoscenza della realtà, ci comunica qualcuna delle sue emozioni e riflessioni…

Ci sono date, momenti, luoghi e persone che restano scolpiti nella mente e nel cuore di o- gnuno di noi che difficilmente il tempo potrà spazzare via. Quello che io, Antonio, Stefano e Fabio, guidati da padre Rolando Ruiz, missio- nario saveriano, abbiamo vissuto dal 21 al 24 giugno in Marocco, a Tetuan, lo porteremo si- curamente dentro di noi.

Padre Rolando, sin dall’inizio, nel presentarci il programma di quei giorni, ci invitava a rispon- dere ad una domanda:” Dove ho incontrato Dio?”. Allora, ecco che nella mente scorrono i volti delle persone incontrate ed il pensiero ritorna al primo giorno, all’incontro avuto, su- bito dopo la messa con le suore contemplative del Carmelo, suore provenienti da varie nazio- ni, tra cui una anche

italiana. Si trovano lì, in territorio musulmano, e pregano per quel popo- lo. Bello pensare a quelle suore carmelita- ne che testimoniano l’amore di Dio che si prende cura dei suoi figli, di tutti i suoi figli, senza eccezione e sen- za confine.

Il “ Volto di Dio” era presente anche quan- do, raggiunta la catte- drale, abbiamo cono- sciuto mons. Santiago Agrelo Martinez, vesco- vo di Tangeri, il quale aveva aperto le porte

del suo vescovado ad un gruppo di clandestini in attesa di una sistemazione. Mons. Agrelo ci raccontava con la massima serenità: “ Ho a- perto le porte del vescovado per accoglierli … da cristiano non potevo fare diversamente”. Dalle parole del vescovo si capiva che per lui la missione in Marocco è quella di essere chie- sa di un popolo musulmano dove si ha la pos- sibilità di sperimentare che quello che ci ac- comuna è scoprirsi fratelli e sorelle dove l’unica pastorale sentita e portata avanti è quella dell’ “ abbraccio”. Secondo mons. Agrelo per rivoluzionare la giornata di qualcuno e tra- smettergli tante cose, era sufficiente un ab- braccio capace di trasmettere anche cose non dette come “ sono qui”, “stai tranquillo”.

Ci siamo subito resi conto, stando a contatto

con questa realtà, che stavamo facendo espe- rienza di essere chiesa minoritaria; tutto que- sto è risultato più evidente il giorno successi- vo, quando ci siamo trasferiti a Ceuta, città spagnola al confine col Marocco.

In questa terra di confine abbiamo fatto espe- rienza della realtà della vita di frontiera e capi- to meglio le difficoltà che comporta tale tra- versata.

Abbiamo fatto visita alla moschea di Sidi Em- barek dove vi era ad attenderci un amico mu- sulmano di padre Rolando. Ci ha spiegato co- me il dialogo in quella zona di frontiera, pur essendo ancora agli inizi, fragile e vacillante, è possibile solo vivendo insieme, imparando a stimarsi reciprocamente.

La prima mattinata è proseguita facendo visita ad un tempio indù e con loro abbiamo fatto un momento di preghiera.

Dall’ incontro nella moschea prima e nel tem- pio indù poi, abbiamo fatto esperienza

che quando l’azione di Dio supera le frontiere della comunità cristiana, ci permette di verificare che ogni incon- tro con l’altro, è un dono di Dio da ac- cogliere da parte di tutti: cristiani, mu- sulmani e indù.

Dopo questo incontro, siamo saliti all’eremo di sant’Antonio situato sul monte Acho dove ad attenderci vi era una coppia di sposi, Maite e Salvator i quali ci hanno raccontato di come la città di Ceuta vive il suo rapporto con i migranti e come loro si sono rapportati con questa realtà. Dal loro racconto emergeva che la dimensione prioritaria e fondamentale era quella della testi-

monianza che contribuiva a ridurre le distanze tra cristiani e musulmani, tra persone di origini diverse. Tutto questo lo abbiamo potuto con- statare facendo visita e partecipando alla messa della piccola comunità parrocchiale di Santa Beatrice Da Silva, la quale era situata in un quartiere prevalentemente musulmano. Quella piccola comunità non vive solo per il gruppo cristiano, ma si sforza di farsi prossi- mo. Questa comunità ogni giorno cerca di dare risposta ad una domanda di Gesù: “ Chi è il mio prossimo?”. E la risposta è semplice:” Il mio prossimo è colui a cui ti fai vicino, diventi suo compagno, mentre potevi startene lonta- no”.

Prima di fare ritorno in Marocco, padre Rolan- do ci ha portato sulla spiaggia dove si regi- strano gli sbarchi di clandestini che dal Maroc- co cercano di raggiungere la Spagna.

Un altro momento emozionante lo abbiamo vissuto domenica 23 giorno della solennità del Corpus Domini.

Nella parrocchia di Nostra Signora delle Vitto- rie, curata dai francescani, si è celebrata la messa. Al termine si è svolta, all’interno della chiesa, una breve processione. Momento emo- zionante per tutti noi in quanto era proprio in quel luogo che facevamo esperienza di sentirsi piccola chiesa in territorio musulmano.

Dopo pranzo era previsto un incontro con i componenti del centro culturale Lerchundi a Rio Martil.

 

 

Abbiamo convenuto che oggi le migrazioni per noi, uomini e donne di buona volontà, rappre- sentano una fragilità dell’uomo su cui non bi- sogna, e noi non vogliamo, voltare lo sguardo. Voglio ringraziare padre Rolando che ha curato nei minimi particolari questo viaggio facendoci vivere l’esperienza della missione in un am- biante musulmano e percepire, seppure vela- tamente, quello che vive un migrante in un paese di transito e vivere la realtà di frontiera a partire della traversata facendo esperienza di cosa significa raggiungere il confine, met- tersi in fila con gli altri, attendere e cammina- re lungo un corridoio. Passare al controllo dei documenti e sperimentare finalmente di avere attraversato il confine.

Carmine Paciello

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