Da qualche anno, come laicato saveriano, siamo invitati a partecipare a una veglia di preghiera dedicata a Maria, che coinvolge diversi movimenti laicali presenti in diocesi. Sono occasioni preziose, in cui ci apriamo all’ascolto dei tanti carismi che compongono la Chiesa. Quest’anno, l’appuntamento si è tenuto il 7 maggio alle ore 21, proprio nel giorno di inizio del conclave. Un motivo in più per ritrovarci in preghiera, invocando insieme lo Spirito Santo. Mentre gli ultimi sbuffi della seconda fumata nera si disperdevano nel cielo, la veglia prendeva inizio. A ciascun movimento è stata affidata una tappa della vita di Maria, da commentare e collegare, per quanto possibile, al proprio carisma. A noi è toccato il brano “Giuseppe e Maria ritrovano Gesù fra i maestri del tempio”. Abbiamo voluto mettere in evidenza i sentimenti di smarrimento e fiducia vissuti da Maria, accostandoli a quelli che San Guido Maria Conforti ha affrontato nella sua vita, sempre con lo stesso atteggiamento di abbandono fiducioso in Dio. È stato un momento di vera comunione, ancora più significativo in quei giorni in cui pregavamo perché lo Spirito donasse alla Chiesa il suo nuovo pastore.
Vi condividiamo la riflessione che abbiamo letto:
“Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”
Questa risposta di Gesù, dodicenne, lascia Maria e Giuseppe confusi.
Lo cercano per tre giorni, angosciati. E quando finalmente lo trovano nel tempio, tra i dottori, lui non si scusa, non spiega, non consola. Risponde con parole che non chiariscono, ma anzi, spiazzano. E l’evangelista annota: “Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.” Anche i più vicini a Dio, anche i più santi, possono trovarsi a non capire.
Eppure, Maria non protesta, non si chiude. Accoglie il mistero. “Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore.” È un gesto silenzioso, ma profondamente attivo: non capisce… ma custodisce. Nel cuore. Nella preghiera. Nel tempo. E così ha fatto anche San Guido Maria Conforti. Anche lui, fin da ragazzo, aveva un sogno chiaro: partire missionario. Annunciare Cristo lontano. Ma il suo corpo non glielo permetteva. Malattie, crisi, ostacoli.
Eppure, non si è fermato. Non ha forzato la mano. Non ha lasciato che l’incomprensione diventasse amarezza. Come Maria, ha accolto. Ha cercato. Ha custodito.
E proprio in quella accoglienza ha scoperto un’altra via: non la missione lontana, ma il fondare una famiglia missionaria — i Saveriani — perché altri, anche se non lui, potessero partire.La spiritualità saveriana nasce da qui: dall’incontro tra un desiderio grande e una realtà che sembra contraddirlo. Nasce nel momento in cui si accetta di camminare… anche senza capire. Con Dio. Dentro la Sua storia, non la nostra.
Perché non sempre capire è possibile. Ma restare con fiducia, come Maria e come Conforti… quello sì.
E da lì, Dio può fare grandi cose.
Roberta Brasili