Resoconto di un viaggio breve
Queste brevi riflessioni sono il frutto di un’esperienza che ho avuto modo di vivere recentemente, durante un viaggio di lavoro nel Nord Est del Brasile, stato di Pernanbuco, la cui capitale è Recife. Per chi non mi conoscesse, il mio lavoro è quello di docente universitario presso la Facoltà di Medicina Veterinaria di Napoli ed il mio campo di ricerca consiste nello studiare le malattie trasmesse da insetti, in particolare proprio quelli di cui abbiamo più ripugnanza: pulci, zanzare, zecche, moscerini di vario tipo…..piccoli animali che trasmettono malattie a volte mortali, sia all’uomo che agli animali.
D’altra parte, la prima missione di un Medico Veterinario è quella di preservare la salute dell’uomo curando le malattie negli animali, in modo da preservare una buona fetta di creato. Così recita il nostro giuramento di Medici Veterinari, ed io ci credo fino in fondo, fin da quando l’ho pronunciato 30 anni fa. Nell’ambito di una collaborazione scientifica che ho in atto con due Colleghi brasiliani dell’istituto Federale “Fiocruz” (una specie di istituto Superiore di sanità brasiliano) mi sono recato a Recife per valutare insieme a loro alcune forme di una malattia che è diffusa in tutto il Brasile, sia nei cani che nell’uomo: la Leishmaniosi, malattia parassitaria che tra le malattie “protozoarie” (per i non addetti, i protozoi sono esseri unicellulari) è seconda solo alla malaria per numero di vittime in tutto il mondo. Partiti da Recife, la nostra attività si è concentrata soprattutto nelle zone periferiche di una piccola città situata a 230 km dalla capitale: Pesqueira, attualmente alle cronache di tutto il mondo perché flagellata da tre epidemie di virus trasmessi da zanzare: il virus Zika (si, proprio quello che dà luogo a malformazioni fetali), il virus Chikungunia ed il virus Dengue, gli ultimi due capaci anche di fare qualche vittima negli organismi più deboli. Più in particolare, la nostra attività veterinaria, che consisteva nel fare vari prelievi ai cani della zona, si è concentrata in una comunità indios di etnia Xurucucu, storicamente presenti in quella zona e storicamente sostenuti da sussidi statali, in condizione di miseria fisica e psicologica. Arrivati al campo base, un dispensario sanitario esistente già da alcuni anni, la prima sensazione è stata quella di sentirsi parte di un mondo più grande: medici, infermieri e volontari sia brasiliani che provenienti da altre parti del mondo, concentrati in zona per dare una mano e per studiare nuove e vecchie malattie che affliggono quella povera gente. Poi la partenza, a piedi, per andare casa per casa (un eufemismo chiamarle così per non disprezzare quelle misere abitazioni) a visitare i cani malati, potenziali serbatoi di malattie per l’uomo. Parecchi chilometri, in un paesaggio bellissimo fatto di bananeti, alberi di cocco, papaia, mango, e tanta altra frutta buonissima che è presente, chissà perché, solo nelle zone più povere del mondo. Forse un parziale risarcimento a tanta miseria…. E qui la seconda sensazione: scene che mi pareva di avere già visto e vissuto nelle altre mie brevi esperienze in Africa e in Bangladesh: la povertà estrema è uguale dappertutto e gli Laicato Saveriano Febbraio 2016 – 7 – occhi delle mamme che tengono in braccio bambini pieni di pidocchi, sembrano rassegnati ad interpretare espressioni che non hanno scelto volontariamente di rappresentare. Anche i cani, spesso scheletrici, non avevano nessuna voglia di abbaiare o di scodinzolare al nostro arrivo. All’improvviso, durante il nostro giro, la cosa più inverosimile: la presenza di un santuario mariano, a testimonianza di un’apparizione della Madonna a due bambine indios nel 1936 e, pare, riconosciuta ufficialmente dalla Chiesa. E allora, fortissima, la terza sensazione: una certezza, mi sentivo come a casa, perché anche lì, soprattutto lì, Dio e sua Madre sono sempre accanto ai più piccoli e bisognosi. Ce lo ricorda Maria nel suo bellissimo canto: ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili… E’ missione questa? Non lo so, non me lo sono chiesto. Certamente la mia attività ed il mio viaggio non sono stati concordati con il Consiglio o con il gruppo di Salerno. Però io, nonostante la mia lunga militanza nel laicato, non mi sono mai sentito così “laico saveriano” come quando, inginocchiato a terra per prelevare sangue da un cane pieno di zecche e probabilmente già condannato a morire, ho pensato che quel piccolo gesto poteva essere utile a qualcuno e qualcosa. E ho pensato durante tutto il viaggio di ritorno di raccontare tutto questo ai miei figli, agli amici della comunità parrocchiale e del laicato e a tutti quelli che incontrerò sul mio cammino. E questa, forse, è missione: annunciare che la vigna del Signore è grande e c’è spazio per tutti. Seminatori, vignaioli, potatori, zappatori, portatori di acqua, trasportatori….non importa se cominciamo a lavorare all’alba o all’ultima ora utile, Dio apprezza lo sforzo. Così mi pare abbia detto Gesù, ma potrei sbagliarmi: non sono un teologo, sono un Medico Veterinario.
Nino
Nino, hai centrato in pieno. propio come laico… con un profondo spirito di fede in Gesú di Nazaré e spirito missionario ‘evangelico-ecclesiale’ basato sull’ amore al prossimo e al creato (como ce lo rafforza Francesco di Assisi) senza dettagli né preziosimi concettuali accademici o ecclesiatici. Come cristiani, siamo Figli di Dio per il Battesimo, che ci impone la ‘cháritas’ in tutte le sue espressioni… in casa, in famiglia, nella cittá natale o di attuazione profissionale, in patria (quella nazionale di origine sociale e culturale come quella di opzione eclesiale Buon Lavoro… il tuo spirito ‘missionario’ lo hai confermato perfino come ‘papá’, quando dici che: “ho pensato durante tutto il viaggio di ritorno di raccontare tutto questo ai miei figli, agli amici della comunità parrocchiale e del laicato e a tutti quelli che incontrerò sul mio cammino. E questa, forse, è missione: annunciare che la vigna del Signore è grande e c’è spazio per tutti. Seminatori, vignaioli, potatori, zappatori, portatori di acqua, trasportatori….non importa se cominciamo a lavorare all’alba o all’ultima ora utile, Dio apprezza lo sforzo.’ —– (Ti aspetto in Abaetetuba-PA (un pó piú al nord, ma sempre in Brasile, dove lavorano ancora i Saveriani da oltre 1/2 secolo in condizioni non molto differenti da quelle di Pernambuco …. sperando che ci porti anche i ‘tuoi’… bambini, familiari ed amici… ti prometto che io saró contentissimio di riceverli ed ospitarne una 1/2 dozzina in casa per una settimana… perché il Vangeli vale questo e… molto di piú!) —- Un grande abbraccio. Angelo