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Primavera: …Parole e racconti di vita comunitaria

 

 Serena con il marito Stefano e le loro figlie  condivide, in questo articolo, una parte del l loro percorso intrapreso da qualche anno con il Movimento Comunità Famiglie  alla ricerca di modalità con cui vivere insieme alcuni valori missionari

Primavera, si fa per dire! Nonostante sembri quasi autunno fioriscono le iniziative qui a Villa Silva e nel bel mezzo di serate, eventi, laboratori e collaborazioni varie, ci piacerebbe raccontarvi ancora una volta come stiamo vivendo quest’anno il nostro stare in comunità. Guardando a questi mesi mi vengono in mente alcune dimensioni che sia come famiglia sia come comunità ci hanno interrogato a lungo.

 

LEGAMI

No, non si tratta della celeberrima marca di prodotti di cartoleria e gadget che tanto spopola nelle scuole di ogni ordine e grado (almeno qui in Lombardia!). Il bisogno e le occasioni di stare con lo sguardo sul territorio in cui abitiamo, di conoscere, di stringere legami e farsi conoscere e ri- conoscere è sicuramente un’esigenza che abbiamo sia come famiglia che come comunità. Legami e amicizie che crescono in un territorio nuovo per noi ancora “nuovi”, ricerca di nuove sinergie e collaborazioni come comunità, con l’intento di uscire dal nostro bel giardino e rimetterci al servizio della realtà di Galbiate e del lecchese più in generale. Allora nascono iniziative e “serate” che, pur aiutandoci a rinsaldare o creare relazioni in nome di tanti temi a noi cari (ospitalità dei rifugiati, sostenibilità, accoglienza, educazione, etc…), ci danno anche la misura di quanto nel nostro territorio sia necessario creare e rinforzare una cultura in questo senso.

ACCOGLIENZA

La disponibilità sopraggiunta a Villa Silva di uno spazio per accoglienze si è rivelato in questi mesi un prezioso strumento di confronto tra noi comunitari: come accogliere, chi, per quanto tempo, perché? Un confronto a volte acceso, che ha messo in luce le nostre diversità di approccio di fronte a questo tema, seppur nello stesso desiderio, che vanno tutte rispettate ma che necessitano di trovare una sintesi che renda il desiderio una realtà percorribile.

E così da meno di una settimana è con noi Serghej, un ragazzo ucraino con un passato traumatico e un futuro tutto da scrivere, che con le sue fragilità ha comunque accettato di fare un percorso in una comunità di famiglie, con il supporto della cooperativa che lo ha accompagnato nel progetto SAI. Anche noi Serra per la prima volta ci affacciamo direttamente all’accoglienza in casa di J., che sicuramente porterà una bella rivoluzione, così come si è premurata di farci notare Teresa: “la nostra famiglia non sarà più        la stessa”…forse è vero,     ma speriamo davvero che   cambi restando sempre fedele a sé stessa. Certo a sei anni è difficile capirlo, ma contiamo che siano i fatti a insegnarcelo, rassicurando un pochino anche le nostre figlie.

METTERSI IN ASCOLTO

Quest’anno infine ho capito quanto sia necessario mettersi in ascolto degli altri quando si fa qualcosa insieme. Il tema dell’accoglienza vissuto nelle due diverse sfaccettature, comunitaria e familiare, ha fatto emergere questo aspetto in modo dirompente. Non è possibile pensare di poter portare avanti un progetto comune senza coltivare quotidianamente un ascolto attento e discreto dell’altro che cammina al mio fianco. Questi mesi sono stati un lungo esercizio di ascolto reciproco, di confronto, sia in comunità che in famiglia, direi soprattutto in famiglia. E’ stato molto importante far emergere paure e dubbi, sogni (a volte incubi!) durante il percorso che ci ha portato a dare forma al nostro progetto familiare di accoglienza, un

progetto che inizialmente era solo mio e di Stefano e poi è cresciuto fino a diventare di tutti noi, a misura di tutti noi.

E lo stesso è stato fondamentale confrontarsi e discutere (a volte in modo molto acceso) in comunità su come volevamo portare avanti le accoglienze (ovvero le persone accolte in spazi indipendenti da quelli delle famiglie). Questo lungo e faticoso processo (che è stato a volte estenuante e ha messo a dura prova la pazienza di qualcuno), è stato però cruciale per farci ritrovare un’unità e un “sentirci bene” all’interno delle scelte prese e, da questo, potersi (finalmente) prendere cura di chi viene ospitato.

Alla prossima!

Serena Arosio con Stefano, Miriam, Giuditta e Teresa

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