La silenziosa lotta alla schiavitù di strada

INSIEME È BELLO
La silenziosa lotta alla schiavitù di strada
Il 13 Novembre ha avuto luogo l’appuntamento mensile con i Testimoni che la Casa Saveriana di Salerno propone per sensibilizzare coscienze e condividere esperienze.

Questo incontro si è svolto, ancora una volta, in una sala gremita di ascoltatori, tutti richiamati dalla carismatica figura di Sr. Rita Giaretta delle Suore Orsoline, che da anni è impegnata nel territorio di Caserta, accanto alle donne sottratte alla tratta. Ecco alcuni passi davvero salienti di questa sua testimonianza che sgrana il racconto di una quotidianità segnata dall’azione di prossimità, fatta di ascolto, accoglienza, sostegno, conforto e aiuto anche materiale.

Stando tra il pubblico, in ascolto di questa storia di vita ho pensato a quante donne l’hanno sovrapposta, in toto o in parte, alla propria esperienze personale. Sicuramente, la modalità di racconto che Sr. Rita offre ai suoi ascoltatori è da farla diventare esperienza personale. La forza della sua testimonianza risiede nella sua credibilità di persona che incarna ciò in cui crede, con opere e fatti concreti a cui dà voce per condividerne ricchezza e peso. Sr. Rita racconta: “Arrivate qui (a Caserta) abbiamo poggiato lo sguardo sul tante ragazze, ragazzine che abitavano la strada. Avevamo già la risposta pronta:” fanno soldi col mestiere più antico del Mondo”, eppure il Vangelo mi inquietava e anche la mia risposta non mi bastava: può una ragazza lasciare la sua terra per vivere esperienze come queste, illuminate dal fuocherello sulla strada? Su quella strada, che è anche il luogo più vissuto da Cristo, dove hanno avuto luogo incontri, abbracci e lacrime che oggi sono segni indelebili nella mia memoria”.

Ad un certo punto della sua testimonianza, Sr. Rita fa memoria: “Era l’8 marzo, festa della donna, anzi no, giornata della donna , istituita per fare memoria di quante soffrono e hanno sofferto. Era l’8 marzo quando noi orsoline abbiamo deciso di donare un fiore a queste donne che sono sulla strada a tutte le ore del giorno, imprigionate nel dramma quotidiano del commercio del proprio corpo. Quel giorno, queste donne sono state visitate da altre donne, sorelle e amiche, che le hanno omaggiate con un fiore. Eppure c’è stato detto che quello non era posto per noi, forse perché noi suore siamo rilegate solo a luoghi di culto e catechesi? Da quella volta, ogni mercoledì siamo andate a trovarle, ci attendevano, ci chiedevano anche di parlare del Vangelo ed è così che abbiamo capito che quello che vivevano non era lavoro da cui si riceve il soldo, ma erano testimoni di una schiavitù che porta morte, povertà, solitudine, sfruttamento e assenza di dignità”. La testimonianza diviene esempio: “ Abbiamo dovuto aiutare i cittadini e i condomini a smontare le paure che in essi si sono innescati al nostro arrivo. Educazione e rispetto sono state le nostre opportunità per attivare il cambiamento. Abbiamo dimostrato il nostro essere donne che amano la vita vissuta con dignità, così abbiamo riconosciuto il cambiamento che è passato dal dispetto al campanello che suona per darci fastidio alla bussata per mano di una mamma che ha voluto incontrarci per omaggiare la nostra gentilezza e offrirci un lavoro da baby sitter affidandoci suo figlio (l’essere più prezioso per quella mamma). Noi qui abbiamo portato il nostro carisma, la nostra spiritualità e sospinte dalle ragazze stesse abbiamo colto il segno dei tempi: ci siamo aperte e abbiamo dato vita a Casa Rut, in città e non in campagna, perché la città con le sue istituzioni e le sue realtà si deve mettere a sostegno dei deboli, con cervello e cuore”.

Sr. Rita ci racconta poi la storia di Martina, fanciulla della Moldavia, caduta nella trappola della tratta quando era ancora minorenne, finendo nelle mani di sfruttatori che hanno cercato di annientare la sua storia. Martina, da quella prigionia si è liberata, denunciando i suoi aguzzini, sebbene sia rimasta segnata dalla tratta con una gravidanza che le ha generato tante paure, che l’avevano spinta verso quel pensiero: buttare suo figlio, ovvero abortire. La vicinanza e il sostegno di una “famiglia” di suore hanno però portato questa giovane donna ad accogliere liberamente questa nuova vita, questa nuova speranza. Martina oggi è la presidente della cooperativa New Hope e sua figlia è una vivace adolescente.

Sr. Rita conclude il suo intervento all’assemblea silenziosa, dicendo: “ Non proponiamo percorsi di assistenza, ma accompagniamo queste vite frantumate che si possono ricucire col filo del coraggio e della speranza che porta a dar vita a capolavori che si traducono, nella nostra sartoria etnica, in segni di rinascita.

Nella Terra dei fuochi, le donne schiavizzate dalla tratta si sentono scarto, rifiuto, ma se sostenute con percorsi individuali di libertà possono rifiorire. La borsa della speranza e il grembiule del servizio sono creazioni utili che portano insegnamenti molto forti che ispirano le nostre azioni: non c’è scarto che non possa fiorire. Questo progetto di libertà può essere accompagnato dalla nostra libera scelta di sostegno”. Infine, Sr. Rita parla a tutti gli uomini presenti in sala: “Il maschio deve guardarsi dentro, comprendere le sue fragilità, affacciandosi al pozzo della sua umanità per incontrare la misericordia di Dio e forse approcciarsi diversamente alla figura femminile …così forse non ci sarà più bisogno di Casa Rut o di altri simili luoghi di presenza”.

L’incontro della platea con Sr. Rita Giaretta, si arricchisce anche della presenza di Blessy che si è presentata così: “Sono una ragazza acculturata, laureata, e mai avrei pensato che a me potesse capitare di cadere nel traffico di esseri umani. In un momento, i miei aguzzini mi hanno ridotto a prodotto da vendere e buttare. Ho capito la paura di tante ragazze quando mi hanno detto “inizi il tuo lavoro stasera” e quante domande, incertezze, senso di tradimento e desiderio di chiedere aiuto e disperazione sono affiorati in un tempo lungo di smarrimento. “Ci si abitua” così, con flebile voce, mi dicevano le altre ragazze della strada, ma come può avvenire questo in condizioni di schiavitù? Sono stata così abitata dalla rabbia nel vedermi come prodotto in vendita in un paese che si dichiara democratico, rispettoso della libertà e della dignità umana”.
Blessy ringrazia Dio perché ci sono state persone che si sono gratuitamente impegnate per la libertà e la dignità di altri esseri umani, sebbene porta nel suo cuore questo dubbio: “Perché un uomo nato in un paese sviluppato deve pensare di comprare ed usare un’altra persona? Se questa è la cultura, va combattuta insieme perché non deve esistere da nessuna parte del mondo. A casa Rut mi hanno aiutato ad aprire la mia bocca chiusa che si è aperta a denunciare le ingiustizie che portano alla morte. Qui ho sperimentato amore ed accoglienza. Insieme rompiamo l’illegalità, combattendo la tratta degli esseri umani. È una battaglia che deve coinvolgere tutti, perché riguarda tutti. Da soli non si va da nessuna parte! Le donne della strada chiedono in silenzio un aiuto che possa rompere le catene invisibili della loro schiavitù. Quante grida silenziose e lacrime invisibili anelano la libertà”. Ovviamente l’incontro si è concluso in un fragoroso applauso per chi oggi ha il coraggio di testimoniare che si può fare il Bene e che si deve denunciare ogni azione del Male.

Marta Chiaradonna

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