Acqua…

Luigi Paggi, il fondatore della missioncina tra i Munda del Sundarban è tornato in Italia a metà gennaio per un periodo di riposo e per tenere alcune lezioni su Induismo e il Sistema delle caste presso il Seminario di Reggio Emilia.

Ci ha mandato il riassunto di un incontro organizzato dall’associazione “Eguaglianza e Solidarietà” il 13 Febbraio scorso a Milano. Ve ne proponiamo a pezzi alcune piccole parti, associate ad alcuni commenti di Franca e Patrick, come riflessione sulle sfide del Bangladesh

 

Il Bangladesh ha un’ampia percentuale delle sue terre coperte d’acqua. Dei 148.460 Km quadrati che costituiscono la sua superficie ben 18.290 sono costituiti d’acqua. Per dare un’i dea in Italia che è grande circa il doppio del Bangladesh (con 301.340 km) l’acqua occupa circa 7200 Km quadrati.

Tuttavia, l’acqua potabile non è facilmente accessibile. Infatti, in molte zone sono necessari continui controlli dell’acqua proveniente dai pozzi profondi perché le falde acquifere sono contaminate da arsenico.Nella zona sud ovest invece il problema è dovuto all’acqua salata.

Negli anni 80 infatti nell’area sud del Bangladesh è stato introdotto l’allevamento dei gamberetti.

Questa attività è andata intensificandosi nel corso degli anni con gravi danni per l’ambiente     e gravi conseguenze per le popolazioni locali, tra cui anche il gruppo tribale dei Munda, con cui p. Luigi opera da circa 15 anni.

“La tribù dei Munda è una piccola minoranza di “senza casta” del Bangladesh, nell’area costiera del Sundarbans, Sudovest del paese, distretto di Khulna, oltre il milione di abitanti. I Munda, sono considerati e trattati dalla popolazione hindu, ma anche musulmana e cattolica, come gruppo socialmente inferiore, gli impuri, gli intoccabili, fuoricasta, vale a dire al di fuori delle caste, in cui è di fatto ancora suddivisa la società, nonostante le caste siano state formalmente abolite per legge.

La popolazione è originaria dell’India, dove è un gruppo numeroso, secondo alcune statistiche superano il milione, e sono concentrati nell’altopiano di Chotanagpur dello stato indiano del Bihar e sono essenzialmente una popolazione agricola. Verso la fine del 18° e l’inizio del 19° secolo, con l’introduzione del Sistema Jamindari, alcuni latifondisti ottennero l’uso di sconfinate porzioni di terra nella foresta del Sundarbans, dove i Munda furono deportati per disboscare la giungla ed iniziare le colture sui terreni così resi disponibili. In cambio della loro opera ricevettero piccoli appezzamenti di terra da cui traevano il loro faticoso ma dignitoso sostentamento. I Munda, come altre minoranze etniche dell’attuale Bangladesh, vennero in seguito gradualmente derubati delle loro terre da latifondisti, commercianti e strozzini, sia hindu che musulmani, con la complicità del governo nazionale, divenendo per la gran parte dei senzaterra dopo la guerra di liberazione dal Pakistan (1971-72). Oggi, il 16% dei proprietari terrieri controlla il 60% di tutta la terra del paese.

Con il beneplacito di Banca Mondiale e FMI, lo stato del Bangladesh ha concesso in affitto società private, nazionali e estere, le terre libere coltivabili lungo il litorale – pascoli, foreste e risaie che permettevano ai Munda di sopravvivere, terre in precedenza affidate ai contadini nullatenenti (le Khas, dal 1971 di proprietà statale). Queste terre sono state destinate alla coltura intensiva di gamberetti, che viene anche chiamata “oro bianco”, da esportare.

In due soli decenni, le terre inondate dal mare si sono estese su 150mila ettari, una superficie corrispondente a quella di Svizzera e Austria, mentre i ricavi di queste esportazioni sono giunti a 200 milioni di dollari l’anno.

Tra i bengladesi a beneficiarne sono soprattutto gli investitori che vivono nelle città, con stretti legami con il mondo politico locale e nazionale, accusa P. Luigi.

I gravi danni conseguenti alla inondazione di acqua marina sono stati invece a carico delle popolazioni locali e dell’ambiente naturale. Il sale dell’acqua brucia la terra e con essa le poche coltivazioni che sono rimaste, i pascoli e addirittura le pareti delle case tradizionali di fango, che diventano in poco tempo sabbia, e priva i Munda dell’acqua potabile, costringendoli a consumare acqua piovana.

Inoltre, la possibilità di lavorare stagionalmente nell’agricoltura è diminuita, e così i Munda sono costretti a cercare altrove nuove fonti di sostentamento. Trovano occupazione come braccianti giornalieri nelle stesse coltivazioni di gamberetti, che però offrono possibilità di impiego molto minori rispetto a quelli offerti prima dall’agricoltura, nelle piantagioni o per la raccolta del riso alle dipendenze di ricchi latifondisti, oppure nelle fabbriche di mattoni, un lavoro molto faticoso per il quale i Munda ricevono salari dimezzati rispetto ai salari già miserrimi dei bangladesi.

Un effetto drammatico, e a prima vista sorprendente, della coltura dei gamberetti e della conseguente difficoltà delle popolazioni rurali a trovare sostentamento nell’agricoltura e a ricercare cibo nella foresta contendendolo ai suoi animali predatori è l’aggressività che le famose tigri del Bengala ora scatenano contro gli uomini cacciatori. Dieci vittime al mese secondo gli abitanti dei villaggi, vittime che diventano trenta nei periodi di cicloni e inondazioni, quando le barriere che separano la terra dal mare si dissolvono e la foresta e gli insediamenti umani convergono.

Rimangono le vedove, “le vedove della tigre”, private dell’unica fonte familiare di reddito. ”il pensiero         corre  alla     Missioncina       nel Sundarbans, dove  grazie  anche  all’aiuto  del Dr. Marco (medico valtellinese con la passione da ingegnere) è stato costruito un sistema per raccogliere l’acqua  in  grandi  contenitori  così che   basti   per     dissetare       gli       abitanti         della Missione per tutta la stagione secca, che va dafine  settembre  a  fine  maggio  circa.  L’acqua piovana opportunamente filtrata  permette  di  idratarsi…ma come dice sempre P. Luigi nona alcun sapore… e così il nostro Guru Dev la gusta con l’aggiunta di un mezzo limone che gli doni un po’ di sapore.

Il SAMS (SundarbansAdibashi Munda Shonogosta), una piccola ONG fondata da P. Luigi Paggi con alcuni giovani Munda, ha aiutato i vari villaggi e le famiglie Munda a dotarsi di contenitori per la raccolta dell’acqua piovana, così da poter affrontare la stagione secca con relativa tranquillità. Le prime piogge della stagione sono accolte come una festa, l’ambiente circostante rifiorisce e la terra arida e bruciata dal sale torna verdeggiante. Poi piano piano le strade diventano fangose e raggiungere i villaggi diventa difficile, quindi anche molte attività rallentano, per esempio i bambini non vanno a scuola, sanno che non vi troverebbero neppure gli insegnanti.

 

Insomma, un bene prezioso difficile da governare l’acqua…

 

 

Franca e Patrick

 

 

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