“Agenda” Gennaio 2019

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L a i c a t o S a v e r i a n o

Le Parole del Padre

“Dio vuol salvi tutti quanti gli uomini. Per questo il Verbo Divino, disceso dal Cielo in terra, dopo d’aver chiamato intorno alla sua culla i pastori che apparte-nevano alla santa nazione, volle pur chiamare di lon-tano, a mezzo di una stella misteriosa, anche i figli del gentilesimo per farci comprendere, fin dal suo primo apparire, che egli era venuto per redimere tutti e che a lui tutti i popoli della terra erano dati in eredità.

Ed oggi appunto la Chiesa celebra questa seconda vo-cazione, che deve costituire per noi come uno degli avvenimenti più grandi e più lieti della nostra storia, segnando esso l’inizio di quell’era novella di fratellan-za, di prosperità e di pace che da Cristo deriva.

La vocazione dei Magi dalle tenebre del gentilesimo agli splendori della fede, si può considerare come il
preludio di quel giorno radioso, in cui Gesù Cristo disse ai suoi apostoli con maestà e pote-stà divina: andate ed ammaestrate tutte le genti, predicate il mio Vangelo ad ogni creatu-ra; io sarò con voi sino alla consumazione dei secoli e di tutti gli uomini si formerà un solo ovile sotto la guida di un solo pastore”.

S

Notizie dal mondo

Brasile

Da lontano sembra che il tempo non sia passato…

Alberto e Serena del gruppo di Parma hanno intervistato d. Giancarlo, un loro amico di lun-ga data, un sacerdote fidei donum della diocesi di Piacenza che é stato una vita in America Latina e che ci racconta il suo Brasile alla vigilia della sua nuova ripartenza dopo 40 anni di missione.

SECONDA PARTE

Torniamo alla tua attività pastorale…ti viene assegnato il ruolo di Vicario gene-rale della diocesi…

Sono Vicario generale dal 2005, ruolo che mi assegnato il vescovo di allora don Roque Palo-schi, poi, quando lui è andato a dirigere un’altra diocesi, ho fatto l’amministratore dio-cesano. Quando è arrivato il nuovo vescovo mi ha confermato e proseguirò fino a fine anno, Abbiamo pochi preti locali, dieci, mentre i reli-giosi sono una trentina. Rappresentano i cin-que continenti: i gesuiti hanno giapponesi e brasiliani, i padri della Consolata sono soprat-tutto africani, i Comboniani arrivano dall’America Latina, dal Messico e dalla Costa-rica, anche i Francescani arrivano da varie parti…

Si respira l’universalità della Chiesa!

Si, e anche la gente arriva da vari stati del Brasile ed ora abbiamo anche molti immigrati che vengono dalla Guyana inglese, da Haiti, da Cuba (molti medici) e soprattutto venezuelani. La crisi di questo paese è drammatica ed ora il 20% della popolazione di Roraima e di nazio-nalità venezuelana.

Come vivono, trovano lavoro?

La situazione è difficile, un’emergenza! Adesso è in corso una sorta di censimento di queste persone. Trovare lavoro in Roraima non è faci-le, per cui anche i laureati li vedi con la zappa in mano al mattino presto per dire “Siamo qui, vogliamo lavorare!”; anche le donne con i bambini cercano lavoro magari presso le fami-glie. Alcuni si inseriscono. Il primo passo è il riconoscimento, avere i documenti a posto.

Non è facile anche per la Polizia federale, en-trano 800-1000 immigrati al giorno…vi sono delle file enormi. Anche noi come Chiesa ci siamo messi a disposizione. Il nostro Centro per i diritti umani sta aiutando la Polizia per preparare i documenti, snellire le pratiche. Poi c’è il problema di dar da mangiare. Le nostre parrocchie sia al confine con il Venezuela, sia nella capitale, Boa Vista, distribuiscono mi-gliaia, migliaia di pasti tutti i giorni a chi è ac-campato nelle piazze, nelle vie. Si sono co-struiti spazi di accoglienza. Anche l’esercito collabora ed abbiamo aiuti internazionali, per esempio l’ACNUR (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) e le madri scala-briniane, che hanno il carisma specifico dell’aiuto ai migranti. Si è costituita la Com-missione pastorale dei migranti, che non ave-vamo ancora, anche la Caritas diocesana che era debole è stata rafforzata per far fronte a questa emergenza e creare una rete di solida-rietà.

Una cosa interessante è che quest’anno è l’anno nazionale del “laico”. Per noi il ruolo dei laici è fondamentale. Se le comunità stan-no in piedi è perché vi sono i laici, i sacerdoti non possono essere dappertutto. Si vuol far riscoprire ai laici la loro corresponsabilità e rendere coscienti i preti che i laici non sono dei semplici collaboratori ma, in forza del loro bat-tesimo, sono missionari, corresponsabili della missione. L’anno durerà fine a novembre, è tutto un lavoro, sono stati rivitalizzati i consigli propri dei laici sia a livello nazionale che dio-cesano. Il consiglio diocesano deve essere rappresentativo sia delle varie pastorali sia dei vari movimenti che collaborano anche colti-vando l’attenzione per la vita sociale e politica. Non semplicemente quindi un consiglio di per-sone legate alla Chiesa ma anche altri movi-

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menti che però condividono un particolare progetto di società.

Noi abbiamo sempre avuto questa idea della Chiesa brasiliana come di una chiesa molto innovativa: le comunità di base, la teologia della liberazione…adesso se ne parla meno, anzi nei giornali italiani si parla di una Chiesa brasiliana in crisi per-ché le sette evangeliche stanno dilagan-do…Invece da quello che ci dici appare una Chiesa ancora vivace…

Si, di fatto è ancora quella più apprezzata. E’ vero vi sono molte chiese evangeliche che sfruttano gli spazi vuoti. Noi non riusciamo ad essere presenti come loro. Sono chiese che nascono da un giorno all’altro e sono agguerri-te contro la Chiesa cattolica. Sono alleate del potere, finanziate dal potere ed effettivamente occupano spazi. E’ un allarme per la Chiesa cattolica tanto che ora l’attenzione è stata ri-volta soprattutto all’Amazzonia che l’area dove più scarsa è la presenza di missionari. Nel 2016 è stato ripreso il progetto “Chiese sorel-le” del Brasile. Prima erano le chiese europee ad inviare missionari, ora sono le diocesi del sud del Brasile, che hanno più disponibilità di sacerdoti, che mandano missionari verso il Nord ed in particolare in Amazzonia. Poi vi è questo appello del Papa a cercare nuovi cam-mini per l’evangelizzazione dell’Amazzonia. Ci invita ad essere coraggiosi a non aver paura di sbagliare. Ha convocato questo Sinodo per l’Amazzonia, per l’anno prossimo. Il consiglio preparatorio si è già incontrato e di questo consiglio fa parte Roque Paloschi che era il precedente vescovo di Roraima (conosciuto anche in Italia per le sue battaglie a favore degli indios e dell’ambiente, NdR)).

La Chiesa brasiliana ha anche preso una netta posizione a favore degli indios, del-la loro sopravvivenza e della sopravvi-venza della loro cultura…

Il vescovo Mongiano fu un simbolo della lotta a favore degli indios. Ha rischiato la vita, è stato minacciato di morte, volevano mettere la sua testa mozzata nel catino del cercatore d’oro. Gli stata data una scorta armata per proteggerlo. Questo per l’appoggio agi indios Yanomani. Diecimila Yanomani si videro inva-dere la terra da cinquantamila cercatori d’oro. Potete immaginare il danno che hanno fatto: malattie, morte, inquinamento. E’ stata la chiesa cattolica che ha una missione là, anche

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se non c’è fra loro alcun cristiano, che ha dato l’allarme riuscendo a coinvolgere l’opinione pubblica internazionale. Se gli Yanomani esi-stono ancora lo si deve alla Chiesa cattolica. Questo andava contro agli interessi dei cerca-tori d’oro, delle loro famiglie e di chi li finan-ziava perciò vi è stato tutto un movimento contro il vescovo, contro la Chiesa cattolica. Ancora oggi si risente di questo. Vi furono vari attentati contro suore, contro missionari, se-questrati e picchiati e soprattutto contro le comunità indigene. Questo fino al 2006 ma sempre ci sono invasioni…Nel 2007 il presiden-te Lula ha firmato il riconoscimento della pro-prietà della terra agli indios, del diritto sulla Raposa Serra do sol. A seguito di questo rico-noscimento vi è stata una sollevazione dei fa-zenderos che hanno diffuso diffamazioni con-tro la Chiesa cattolica, messo manifesti addi-rittura accerchiato la città di Boa Vista con i camion. Questo per creare un’opinione contro la Chiesa. Dato che loro hanno in mano i mez-zi di comunicazione questa campagna ha avu-to effetto sulla gente, anche fra i nostri fedeli, creando un’opinione contraria agli indigeni vi-sti come un ostacolo al progresso, allo svilup-po dello stato a causa del loro modo di vedere l’economia. Abbiamo vissuto una vera e pro-pria persecuzione.

Hai citato l’ex presidente Lula che aveva suscitato tante speranze ma poco tempo fa è stato arrestato. Qual è la situazione attuale del Brasile? Fino a pochi anni fa era considerato un paese in forte cresci-ta, uno dei famosi Brics (con Cina , Rus-sia, India e Sudafrica). Ora l’impressione che questo fenomeno si sia rallentato che riemergano i problemi di sempre di que-sta grande nazione…

Il governo attuale dice che l’economia è in crescita ma i diritti fondamentali dei lavoratori, conquistati con tanti sacrifici, sono messi in pericolo. Non esiste più una legge che regoli il rapporto datore di lavoro – operaio, è lasciato all’arbitrio dei singoli contratti; i tempi per il pensionamento sono stati allungati e sono sta-ti congelati i finanziamenti allo stato sociale: educazione, salute…per vent’anni la cifra sta-bilita dallo stato rimarrà uguale…con la popo-lazione in continuo aumento! Contro queste scelte i vescovi hanno scritto documenti di for-te critica. L’attuale governo è un governo di destra che vuole riprendersi il potere dopo il periodo dei governi di sinistra. Rientra in que-sta strategia l’impeachment di Dilma Roussef. Chi governa adesso è accusato di vari reati, in

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particolare corruzione, ma il parlamento non permette che vengano giudicati invocando l’immunità parlamentare. Lula è un prigioniero politico. L’accusa contro di lui è di aver avuto in regalo un appartamento ma non vi è alcuna prova concreta. Il governo di Lula ha portato fuori dalla miseria 30milioni di brasiliani, ha permesso che tanti figli di lavoratori potessero frequentare l’università, ha permesso a tutti di avere un qualche mezzo di trasporto. Il gover-no attuale fa una politica neo-liberista che guarda solo alla crescita dell’economi senza considerare che sta mandando nella miseria molta gente. Anche in Roraima il governo fi-nanzia le grandi monocolture come la soia di-struggendo il bioma tipico, unico nel Brasile e nel mondo. Ben poco si finanzia la piccola a-gricoltura che da più lavoro delle grandi esten-sioni a monocoltura.

Questo governo e questo parlamento vogliono poi aprire miniere nelle terre indigene creando conflitti con gli indigeni stessi ed anche grandi centrali idroelettriche. Probabilmente servono per sostenere le attività estrattive ed indu-striali in terra indigena ma là è un controsenso perché è una zona pianeggiante e perciò fare una diga vuol dire allagare estensioni enormi, espellere i contadini, espellere gli indigeni di-struggendo l’ambiente quando invece ci sa-rebbero valide alternative che i movimenti ambientalisti portano avanti come l’energia solare o l’eolica. In Roraima vi sono sole e vento tutto l’anno!

…Si sta lottando, per questo si sta lottando!

Torniamo alla tua missione…prima hai accennato un po’ allo stile della missione che hai portato avanti in questi anni; che cos’ la missione oggi? E’ cambiato molto rispetto a solo dieci, vent’anni fa?

La missione è presenza in mezzo alla gente. La missione non è portare il Vangelo perché la gente lo ha nel cuore. E’ aiutare la gente a scoprirlo. Tu scopri il regno di Dio in mezzo a loro e li aiuti a scoprire la realtà già presente in mezzo a loro. Oggi non si può parlare di missione senza parlare di inculturazione, sen-za parlare di presenza, di prossimità e di farsi uno con loro, con la gente…soprattutto questo.

Standoci in mezzo nasce tutto il lavoro di for-mazione per renderli più coscienti ma anche più attivi nel loro compito missionario. Quello che dice il Papa, “Chiesa in uscita”, andare nelle periferie esistenziali dove più manca la

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luce di Cristo risorto. Aiutare a scoprire quello che c’è già perché la Spirito Santo ci precede sempre. E’ lui il primo missionario il protagoni-sta della missione.

Una cosa bella nata in Brasile in questi anni e la Rete ecclesiale Panamazonica. L’Amazonia non è solo lo stato dell’Amazonia ma si estende in nove stati del Brasile e in al-tre otto nazioni intorno al Brasile: Colombia, Perù, Equador, Venezuela, Guyana, Guyana francese, Suriname e Bolivia.

Si è creata questa rete per aiutarsi a difendere la vita e l’ambiente. La vita che c’è nell’ambiente amazzonico. Incontrare nuovi cammini. In questo ci sta venendo in aiuto il sinodo sull’Amazzonia. Chi sta preparando il Sinodo è soprattutto questa Rete che mette insieme le esperienze di tutti ascoltando la ba-se dei popoli, le comunità. Il Consiglio che si riunito a Roma ha soprattutto redatto uno strumento di lavoro che tornerà alle basi. E’ un lavoro soprattutto di ascolto. Il Papa desi-dera molto ascoltare ed incontrare nuovi cammini che lo Spirito Santo può suggerire. Papa Francesco ha nel cuore l’Amazzonia per-ché il futuro dell’Amazzonia riguarda il mondo intero. I nuovi cammini che potremo incontra-re in Amazzonia potranno essere il paradigma per la missione nel mondo intero.

Dice Paolo Suez che è un teologo che fa parte di questo Consiglio in preparazione: “l’Amazzonia è considerata il polmone del mondo, ma ha la polmonite”. Questa polmoni-te può essere curata, il Sinodo deve curare un po’ l’Amazzonia. Si deve difendere l’idea di un’ecologia integrale, cioè la difesa dell’ambiente e delle persone che in questo ambiente ci vivono. La povertà è legata alla questione ecologica. Lo sfruttamento impove-risce l’ambiente ed impoverisce le persone, arricchisce pochi che, senza scrupolo, non pensano al futuro e alle prossime generazioni.

Con il tuo ritorno in qualche modo si con-clude l’esperienza brasiliana della nostra Diocesi…

Non lo so (si infervora, NdR) si conclude…io penso che si dovrà tenere aperta questa ten-sione missionaria nella nostra Diocesi…

Come vedi potrà essere il futuro “missio-nario” di Piacenza…

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(Dopo una breve riflessione) Lo vedo con spe-ranza, è vero che abbiamo poche forze nei preti, i preti giovani sono pochi ma vi è tutto un laicato che può essere valorizzato e in qualche modo mantenere aperta una finestra sulla missione che penso sia una cosa indi-spensabile, Non si può ridurre la missionarietà della Chiesa ad aiutare i vari missionari che operano per conto di qualche congregazione ma deve essere la chiesa diocesana ad assu-mere in prima persona la missione, sentire che è compito suo. Questo se lo pone anche la Chiesa brasiliana che manda in giro per il mondo sacerdoti “fidei donum”. Fa parte della natura della Chiesa! Non ci si può chiudere, vivere la missione in loco ma mantenere que-sta apertura agli altri, “ad gentes”. Se si chiu-desse, si finirebbe per impoverire molto l’esperienza diocesana.

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vescovo Manfredini e di mons. Bozzuffi. Ci domandiamo se ormai l’esperienza degli ultimi missionari piacentini non sia troppo staccata dalla realtà diocesana, senza scambi, senza ricadute.

Mille domande si affollano nella nostra mente, vorremmo farne ancora mille. Ad ogni risposta di don Giancarlo ne affiorano altre. Ci ha aper-to grandi orizzonti, ci ha aperto la realtà della Chiesa universale. Ha aperto una finestra sulla nostra claustrofobica realtà italiana: ecclesiale, sociale, politica.

Si respira un’aria pesante in questo periodo, un’aria di sospetto, di odio, di divisione, lui ci ha aperto un orizzonte di speranza, di fede, di fiducia nel futuro e negli altri. Nell’opera mai esausta di Dio.

Ci salutiamo dopo aver parlato del periodo
d’oro delle missioni piacentine, del periodo del Alberto Chiappari Serena Rolandi

Marocco Nuovi orizzonti…

Paolo ci racconta la sua esperienza e le prime impressioni dopo il viaggio in Marocco

Alcuni di voi mi hanno chiesto di inviare le prime impressioni vissute qui in Marocco, du-rante questo viaggio che ha come scopo inco-minciare a pensare se e in che modo potrebbe essere possibile una presenza saveriana, e, perché no, laicale saveriana qui.

Evidentemente sono solo impressioni, avremo

modo di elaborarle e “digerirle” al rientro, ma possono rendere l’idea.

Come sapete i padri sono stati invitati dal ve-scovo per aprire qui a Tangeri, nel nord; du-rante il loro capitolo generale si è dato manda-to alle regioni di Italia e Spagna per valutare la fattibilità della cosa. Certo, ci vuole coraggio in tempi di chiusure di case e di
progressivo invecchiamento del personale, a prendere in conside-razione di lanciarsi in una nuova avventura: ma i saveriani sono così, se no non ci piacerebbero così tanto.

E così mi ritrovo, io, ultimo anticlericale restato, con due re-gionali (Italia e Spagna) e il vice generale, ospite in un vescovado e in giro per case religiose. E devo sempre chiarire che sono si padre ma di due figli e nonno di cinque nipoti. Ma tant’è: questo è il bello della missione.

Allora alcuni primi flash:

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– in Marocco non ci sono, per legge, cri-stiani marocchini. I cristiani presenti sono e-spatriati o dall’Africa sub-sahariana o dall’Europa.

– questa zona è stata fino all’indipendenza protettorato spagnolo e per-tanto, malgrado le lingue ufficiali del Marocco siano il francese e l’arabo, visto che la stra-grande maggioranza degli espatriati è di origi-ne spagnola, la chiesa di Tangeri parla in spa-gnolo. Il vescovo, e praticamente tutte le co-munità religiose presenti, sono di origine spa-gnola e pertanto messa, breviario, e chiacchie-re sono in spagnolo.

– anche qui, come in Algeria e in altre parti del nord-Africa, la chiesa, così minorita-ria, ha deciso di non richiudersi nelle sue mu-ra, ma di aprirsi totalmente alla società, lavo-rando attivamente con le persone del posto, per cercare di aiutare le parti della società più in difficoltà. Non si può parlare, fare proseliti-smo, non ci sono catecumeni ne’ conversioni, ma si può testimoniare nei fatti sia la “carità che ci spinge” sia che si può essere “una sola famiglia”

– allora abbiamo incontrato in due soli giorni, tante esperienze, dall’insegnamento ai bimbi sordi, al doposcuola per bambini figli di mamme sole, spesso rigettate dalla famiglia e dalla società, all’accoglienza di ragazzine in-viate dal tribunale, a tante iniziative per i mi-granti “sans papiers” e pertanto ricercati dalla polizia per riportarli al sud del paese.

– altra caratteristica che ci ha fatto pensare: diverse di queste esperienze sono fatte da più famiglie religiose diverse, e a vol-

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te si sono formate comunità intercongregazio-nali: sono avanti, vero?

Per stasera mi fermo qui, con un’ultima rifles-sione che mi ha confidato Rosario: se si potrà venire, dovremo farlo a mani vuote, perché abbiamo molto di più da imparare da questa chiesa che da insegnare.

Ancora una giornata in giro a visitare comuni-tà cristiane, sempre in spagnolo, in due citta-dine sull’atlantico, a sud di Tangeri. Posti belli, anche molto turistici, che non abbiamo potuto gustare appieno per la pioggia che è caduta inclemente tutta la giornata. E ancora lo stu-pore e l’ammirazione per la dedizione perseve-rante e senza riserve di queste persone in condizione di minoranza addirittura marginale, verso donne in difficoltà, bambini da protegge-re, studenti da accompagnare con biblioteche o lezioni di lingua.

Ma la domanda che aleggia fra di noi è: tante di queste cose si possono (e forse si devono) fare anche in Italia, allora perché venire a far-le in Marocco? E ritornano alla mente i temi della missione nella debolezza, del “piccolo resto” di Isaia, della possibile testimonianza silenziosa e fattiva dell’amore di Dio, del biso-gno concreto di amicizia e vicinanza, al di là degli steccati che tante volte noi stessi abbia-mo costruito e che ora forse vengono costruiti dal radicalismo religioso, ma non dalla mag-gioranza del popolo. Alla beatificazione dei 19 martiri di Algeria è stato detto: “il dialogo e persino l’amicizia con i mussulmani sono un cammino di santità per l’oggi” : pensiamoci seriamente.

Sono nell’aeroporto di Tangeri in attesa del

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volo che ci riporterà in Italia, ultime conside-razioni.

Ieri abbiamo incontrato la comunità delle car-melitane, suore di clausura, presenti da tempo qui. È un gruppo di tante nazionalità (c’è an-che un’italiana) alcune giovani, sorridenti e allegre. Dopo il the di rito, e su richiesta no-stra, ci hanno spiegato l’importanza di una presenza contemplativa, apprezzata e ricono-sciuta anche dai mussulmani. Certo le difficol-tà non mancano ma riescono a ridere dei pic-coli dispetti che qualcuno fa loro, (spazzatura gettata nel cortile, giardino distrutto, ecc.) sottolineando piuttosto i gesti gentili o i piccoli regali che ricevono. Davvero ci ha impressio-nato il valore che ha questa presenza di pre-ghiera, in mezzo ad un popolo che prega cin-que volte al giorno.

Come diceva Bonhoeffer in certi momenti (ag-giungo anche in certi posti) non resta che pre-gare e fare opere di giustizia.

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Questa mattina ci siamo poi ritrovati per con-dividere le impressioni ed è stato bello verifi-care che ciò che ci ha colpito sono le stesse cose: questa chiesa in uscita, il bisogno di me-scolarsi con la popolazione locale, l’attenzione ai gruppi più marginali e in particolare le don-ne e i loro bimbi, la capacità delle congrega-zioni di lavorare insieme e a volte in comunità intercongregazionali, ecc.

Ora si rientra, e bisogna fare “discernimento “ come dice Alessandro. Se ne riparla in convi-venza.

Paolo

P. S. Il Marocco ha comunque fatto un primo miracolo: sia io che P. Rosario abbiamo parlato pochissimo, io per lo spagnolo che non capisco e anche lui in difficoltà nel parlare, do-po tanti anni dalla Colombia.

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Vita di Famiglia

San Pietro in Vincoli Convivenza invernale del laicato

Si è svolta dal 3 al 6 gennaio l’annuale convivenza invernale del Laicato Saveriano Italiano presso la Casa saveriana di San Pietro in Vincoli.
Riportiamo un articolo di Patrizia De Mascellis

Dalla neve al sole, vivendo tutti insieme con la missione nel cuore, testimoniandola con la vi-ta, in puro stile saveriano.
Tutto dal paesaggio percorso in sei ore e più di viaggio gioioso alla volta di san Pietro in Vin-coli, fino all’accoglienza, ai pasti, ai giochi se-rali, alle meditazioni, tutto è stato un invito a creare comunione nella condivisione, per co-municare il dono immenso ricevuto nello stile e nel carisma di San Guido Maria Conforti – fondatore dei Missionari Saveriani -il cui mot-to è “Fare del mondo una sola famiglia”. Attualmente la Comunità che qui vive in pro-vincia di Ravenna, sotto la guida di padre Giorgio Biguzzi, rettore della prima Casa Save-riana aperta dopo la morte del fondatore, nel 1931, grazie alla donazione della famiglia Vi-gnuzzi , è composta da cinque padri.
“ Ci donate speranza e futuro- ha detto padre Biguzzi nel saluto di accoglienza ai quaranta-due laici Saveriani giunti per la convivenza in-vernale da numerose regioni d’Italia e in parti-colare da, Salerno, Parma, Ancona Desio, Udi-ne e Vicenza – perché la giovinezza non è un computo di anni ma un’atmosfera del cuore”.

“Dalla scelta alla missione” è il tema del per-corso di formazione 2018-2019 del laicato Sa-veriano, terzo e ultimo passo di un percorso sui temi dell’umanità e della scelta ha spiegato Mirella Giannattasio, presidente nazionale del Laicato Saveriano. Dopo aver meditato i libri di Ruth e di Tobia la meditazione proseguirà fino a maggio 2019 sugli Atti degli Apostoli. L’invito a vivere la vita quale ”linguaggio uni-versale capace di essere compreso da tutti i popoli” è giunto da padre Carlo Salvadori nella sua meditazione sul tema: “La vita della Co-munità sotto il segno dello Spirito diventa essa stessa annuncio missionario”.
Padre Carlo cui è attualmente affidata la cura del gruppo del Laicato Saveriano di Salerno ha proposto in quattro step di meditazione degli Atti degli Apostoli 2,42-47 e 4,32-35 di giun-gere -attraverso la preghiera, la comunione fraterna, l’Eucaristia e lo studio della Bibbia- a consentire allo Spirito Santo di effettuare in noi una kenosi, un abbassamento, per vivere una vita talmente bella, ricca e felice da dive-nire essa stessa attrazione, strumento di e-vangelizzazione per contagio. San Luca ci invi-

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ta ad andare all’essenziale, la buona relazione con gli altri è tutto.

Il secondo giorno si apre con la riflessione di suor Angela Bertelli, missionaria saveriana che, innamorata dell’Eucaristia, infiamma i cuori di quanti la ascoltano nella sua testimo-nianza di consacrata.
Dopo un breve quanto efficace exursus della storia della salvezza, suor Angela- entrata a ventidue anni nella Famiglia Saveriana, consa-crata nel 1987, formatasi in America e inviata dal 1993 al 1995 in Sierra Leone (dove ha su-bito la prigionia dei ribelli dal 25 gennaio al 21 marzo del ’95) e successivamente in Thailan-dia- ha testimoniato il suo grande amore per Gesù Eucaristico, vero nutrimento di salvezza per l’umanità. A tre mesi dal rapimento- cin-quantasei giorni senza aver potuto ricevere Gesù “in Corpo e Sangue, Anima e Divinità” – è stata poi inviata in America a terminare gli studi e poi in Thailandia dove ha svolto il suo impegno alla Casa degli Angeli dove vengono accolti e accuditi insieme alle loro madri co-raggiose bambini disabili.
“ In cinque di loro hanno chiesto di ricevere il Battesimo insieme ai loro figli” ha spiegato suor Angela raccontando della sua enorme sofferenza per essere stata richiamata in Italia dove vive attualmente alla Casa Madre Save-riana di Parma in cui si prende cura da infer-miera della sorelle consacrate.

Dicembre 2018

“Ancora oggi l’uomo grida a Dio dal baratro delle sue schiavitù, se ancora non si è appiat-tito, anestetizzato al mercato del nulla- ha detto suor Angela nella sua proposta di medi-tazione- uomini e donne sempre più fragili e confusi dalla loro stessa intelligenza, sgarbati e inefficienti nella grave crisi dell’umano in cui siamo immersi, persone che hanno perso la direzione del fine dell’esistenza, tutti compagni di viaggio senza una mappa- anche noi bat-tezzati- tristi e insensibili, sazi di riso soffiato, cioè di nulla”.
Quali sono le radici che ci tengono in vita? L’attesa di Dio è quella di una madre in preghiera affinché il cuore del figlio si converta al Bene, come santa Monica. L’Eucaristia di cui ci nutriamo si deve tradurre in spiritualità, nel fare la volontà di Dio, cioè nell’offerta di sé sull’esempio del Cristo, in un radicale muta-mento del pensiero e della vita.
Spezzi e offri la tua vita o aspetti che diventi un pane duro che nessuno può man-giare? La domanda su cui tutti dovremmo ri-flettere per lasciarsi accendere dal Signore e divenire- finalmente- sale della terra, testimo-ni riconoscibili nel proprio ambiente di lavoro e nella società.

Patrizia De Mascellis

Ecco le impressioni e le emozioni vissute da Rino, del Laicato Saveriano di Salerno, durante la Convivenza invernale

Per la prima volta, nella nostra ancora breve esperienza nel Laicato, abbiamo deciso di vi-vere l’esperienza della convivenza invernale. La data prescelta ci ha permesso di farlo dopo aver passato un sereno periodo con i nostri due ragazzi che vivono, per lavoro, lontano da casa .

Giovedì 3/1 : Siamo partiti in dodici (!!), da Salerno, con un po’ di apprensione per le pre-visioni meteo che annunciavano freddo e neve in arrivo dai Balcani, e mettevano in allarme principalmente il versante adriatico … nostra destinazione. Abbiamo invece viaggiato, sul supercollaudato pulmino 100% saveriano, senza nessun problema e con tempo perfino bello. Dopo una brevissima sosta tecnica ad Ancona, siamo giunti a San Pietro in Vincoli in

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Laicato Saveriano

tempo per sistemarci e partecipare ai Vespri con gli altri amici ed i Padri Saveriani della Ca-sa. Dopo una cena ristoratrice in un clima di semplicità e condivisione la serata è prosegui-ta con qualche giochino per conoscerci e far divertire anche i più giovani….; chiusura con seduta un po’ surreale di pilates sotto la guida del sergente Elena.

Venerdì 4/1 Quest’anno si dovrebbe chiudere il percorso triennale “ Dalla scelta alla Missione” ed il tema da trattare in questa convivenza riguarda …la vita della Comunità, sotto il se-gno dello Spirito, diventa, essa stessa, spirito di annuncio missionario.
L’intervento del mattino è stato curato ed e-sposto da p. Carlo Salvadori, giovane Saveria-no con già undici anni di esperienza missiona-ria in Camerun, e da poco assegnato dalla ca-sa madre di Salerno. E’ stato interessante e stimolante interrogarsi sui segni attivi che ci dovrebbero caratterizzare ed identificare nelle nostre comunità e che sono come punti cardi-nali : ascolto (quotidiano) della Parola, il senso di comunità e di reale condivisione, l’Eucarestia come inevitabile riferimento e so-stegno rigenerante nelle difficoltà che, a volte, ci mettono in crisi e la Preghiera, che pratico forse troppo di rado ed in forme anche poco ortodosse.
Nel pomeriggio ci siamo confrontati poi con l’attualità della situazione religiosa e sociale che vive il nostro Paese e l’Europa intera; io mi riconosco, come altri, alquanto impreparato ed ignorante sulle azioni possibili e sulla loro reale efficacia e conseguenze a fronte dei re-centi provvedimenti sul tema dell’accoglienza migranti.
Unanime è la convinzione che non possiamo tacere di fronte a questi temi che attengono al concetto di appartenenza alla (unica) Umanità, e questo, forse, anche al di là del proprio cre-do religioso. Come tutti, sono stato umana-mente colpito e rattristato per Eugenio Melan-dri, ospitato nella Casa: non è stato possibile ascoltare il suo pensiero. Quale prospettiva originale ed inattesa abbiamo perso, non pos-so saperlo; mi resta la conferma di un atto di amorevole carità della Famiglia Saveriana ver-so un fratello sofferente.
Il secondo giorno si è illuminato dell’esperienza di suor Angela Bertelli di cui ho apprezzato il carattere indomito e l’appassionata adesione, da vera innamorata di Cristo. Sarebbe forse troppo per il mio sen-tire, perennemente in bilico tra il cuore che vorrebbe e la mente che si aggrappa al dubbio pragmatico del libero arbitrio.

Dicembre 2018

Nel pomeriggio, il clima ancora clemente ha consentito, a me e qualche altro fortunato, di visitare gli affreschi di S. Apollinare in Classe. L’assemblea conclusiva è stata alquanto ani-mata, con spunti ed aperture affascinanti pur nelle difficoltà evidenti e riconosciute. Sembra scontato, ma nel fuoco del crogiuolo si saggia l’oro, quindi non vedo alternative, anche se si dovesse attendere ancora un po’.

Già nel tardo pomeriggio qualche inevitabile partenza con abbracci e saluti per chi resta. Noi fortunati non ci siamo perduti neanche la Gran Tombola degli O(E)rrori , la speranzosa apposizione delle calze in attesa della Befana… Un periodo vissuto un po’ nella sospensione climatica di un freddo atteso ma meno cattivo del previsto (nel frattempo dal nostro sud ci arrivavano incredibili notizie di nevicate e ge-lo) , e molto nello Spirito “lascia che prepa-riamo tre tende, una per Mosè….” un sentirsi beneficati ben aldilà dei propri meriti. Quasi un regalo non atteso, e, come sempre, resta qualche lacrima (Eugenio Melandri, un saluto che sa di addio…) tra tanti sorrisi ( i luoghi e l’atmosfera della Casa di SPV, freddo pungente fuori nel bel parco e caldo, accogliente e di famiglia, all’interno). Come sempre emozio-nanti e vivificanti le celebrazioni della messa mattutina e delle lodi.
Un caro saluto ed arrivederci a presto .

P.S.: un sentito grazie a p. Carlo per aver ri-condotto a Salerno, con rapidità e sicurezza, il gruppo a lui affidato
Gennaro (Rino)

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Laicato Saveriano Dicembre 2018

Sintesi dell’assemblea dei laici
5 gennaio 2019 – San Pietro in Vincoli.

1. I laici confermano la volontà di garantire la propria presenza agli incontri preparatori alla costituzione del Centro Studi Europa (CSE) attraverso la presenza dei tre incaricati del Consiglio: Roberta Brasili, Marta Chiaradonna e Paolo Volta.

2. In seguito al viaggio di Paolo in Marocco, il laicato dovrà riflettere sulla possibile presenza in questa terra di missione. Si dà mandato al consiglio di discernere su questa eventualità e si invitano i laici che lo desiderano a scrivere o comunicare, in altro modo, le proprie riflessio-ni al riguardo.

3. Gli esercizi spirituali si svolgeranno il 25-26- 27 aprile 2019, in una casa saveriana del centro Italia. Il tema sarà: “Chiamati alla par-tenza”. Entro fine febbraio bisognerà racco-gliere le adesioni in ogni gruppo del laicato.

4. La convivenza estiva 2019 si svolgerà in Slovenia, a Mirenski Grad (Merna)

5. E’ approvata, con qualche integrazione sug-gerita dall’assemblea, la scheda riassuntiva finalizzata alla sistemazione dei progetti di ar-tigianato che il laicato ha realizzato ad oggi e che dovrà essere utilizzata anche in futuro nel-la definizione dei prossimi.

6. Si decide che ogni gruppo deve trovare forme di autofinanziamento.

7. I gruppi che lo desiderano possono fare ri-chiesta dell’ultima mostra interculturale che si sta svolgendo a Salerno dal titolo “Tanti cuori, una capanna.”

8. I laici del gruppo di Parma propongono un’esperienza in Albania per la convivenza del 2020, si rimanda al consiglio uscente, nonché al prossimo, la riflessione sulla proposta.

I Consiglieri

Antonio, Emanuela, Giovanna, Matteo, Mirella, Simone

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Laicato Saveriano Dicembre 2018

Salerno Capodanno in casa saveriana
Racconto a quattro mani del Capodanno in casa saveriana a Salerno

Un altro anno è passato…dopo l’adorazione ed il Te Deum in parrocchia, ci guardiamo in faccia io e Nando e decidiamo che forse ci sarà tempo per stare “soli soletti” a Capodanno; i nostri figli si sono organizzati con gli amici e noi?
Nando è anche reperibile al lavoro, però se aves-simo lanciato l’idea in parrocchia, il gruppo si sarebbe formato, ma non avevamo voglia di “spingere” anche per festeggiare la fine dell’anno insieme. Ecco l’idea, subito comunicata a Nando: andiamo a Salerno a tenere un po’ di compagnia a mia sorella e poi si va dai Saveriani dove c’è sempre la porta aperta.

Ho lasciato Elena da sua sorella ed io vado in casa saveriana caso mai ci sia da dare una ma-no, ma un manipolo di volenterosi aveva già preparato tutto. C’è già gente e continuano ad arrivare. Si doveva essere una cinquantina ma è già evidente che saremo molti di più, alla fina circa 80 persone faranno festa al nuovo anno.
La messa ( per chi lo desidera) è già iniziata da un bel po’ e l’assemblea liturgica è inimmagina-bile; descriverla è troppo complesso, meritereb-be un articolo a parte. Nei giorni seguenti più volte p. Carlo proverà a raccontarci la sua emo-zione nel vivere quella Celebrazione Eucaristica Che dire…… ci sono i padri, soprattutto i “giova-ni”: Pandri, Eugenio, Carlo, Claudio, Giuseppe ed il rettore Mario (qualche padre più anziano si è giustamente ritagliata una serata più a sua di-mensione per ritmi ed orari), qualche laico save-riano, qualche amico della casa ed amici delle comunità straniere che vivono l’esperienza della Festa dei Popoli. Poi arrivano gli ospiti d’onore perchè agli angoli delle strade e delle piazze si è gridato” venite alla festa” e davvero arrivano: sono gli storpi della nostra società, quelli che non sono da banchetto del re, ma se invitati non ri-

fiutano perché vivono la dimensione della preca-rietà ma anche quella della libertà di accettare ciò che viene offerto.
Torno dopo un po’ a prendere Elena a casa della sorella ed anche lei, mi confesserà nelle ore suc-cessive, quando arriva alla festa è colpita dalla strana lista di invitati…a queste nozze c’è vera-mente di tutto e non si capisce se siano invitati dello sposo o della sposa.
Non conosciamo quasi nessuno così ci troviamo a chiacchierare con i nostri vicini di tavolo: una signora ucraina che anima la Festa dei Popoli ed un signore italiano che vive la vecchiaia della sua vita non sempre tranquilla da solo e con pochi mezzi. Ci fanno cornice tanti altri volti di diversi colori, si intuiscono storie di marginalità vissute nella solitudine e nell’incapacità di trovare la vo-lontà e la capacità del riscatto.
Più la serata procede e più è chiaro che tutti ab-biamo un anno da
salutare (per alcuni è un addio molto sin-cero ed atteso) ed un anno nuovo in cui riporre speranze
piccole e grandi, sogni realizzabili e non.
Infine è mezzanotte: si brinda come è obbligo e ci si abbraccia per quanto possibile ( non tutti avevano l’abito della festa, ma non erano stati buttati fuori dov’è pianto e stridore di denti); quindi tutti fuori in giardino ad ammirare dall’alto la città che esplode nel gioco di luci e colori dei fuochi d’artificio.
Piano piano gli invitati scemano, alcuni vengono riportati in città alle loro case o nei ripari di for-tuna; i più fortunati sono di casa nel dormitorio dei saveriani per i senza fissa dimora. Invece chi ha una casa calda che aspetta è giusto che si attardi a rigovernare gli spazi che abbiamo utiliz-zato. Siamo nel 2019 ed ora a nanna………c’è di che sognare e pregare.
Auguri di buon anno per tutti……….a chi fa fatica il nuovo anno conservi qualcuno dei fugaci sorrisi di questa sera….. a noi che sentiamo meno la fatica del vivere, il nuovo anno ci doni di sorride-re alla vita senza arroganza e con disponibilità ad accogliere. Elena e Nando

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Per nutrire la riflessione

Durante la Convivenza Invernale p. Carlo Salvadori, referente per il Laicato Saveriano a Salerno, ha tenuto una meditazione sul brano degli Atti degli Apostoli cap. 2,42-47. La relazione che pubblichia-mo non è stata rivista prima della pubblicazione, ma è tratta dagli appunti che ci ha gentilmente la-sciato

42Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. 43Un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. 44Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; 45chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. 46Ogni giorno tutti insieme fre-quentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, 47lodando Dio e godendo la simpa-tia di tutto il popolo. (Atti 2, 42-47)

Pentecoste di Mosé, Pentecoste dei di-scepoli di Cristo
Siamo nel TEMPO DELLA PENTECOSTE ( NEI VERSETTI PRECEDENTI CAP. 2,1 – 8 LO SPIRITO È SCESO SUI DISCEPOLI ), la Chiesa è condotta dal dono dello Spirito che fa di noi figli, missionari, testimoni dell’incontro con Gesù Risorto.
In Israele, la festa di Pentecoste è associata al dono della Torah sul monte Sinai; ci sono due differenze sostanziali tra le due Pentecoste:

Pentecoste di Mosè: data solo a Mosé, data nella lingua di Mosè
Pentecoste dei discepoli di Cristo: data a tutti, data nelle lingue di ognuno

Durante la Pentecoste, la prima comunità cri-stiana è chiusa nella paura, è ferita, intimorita. In quella comunità scende lo Spirito Santo. Essa diventa una comunità profetica, aperta al mondo. Senza paura.

Luca ci offre indicazioni preziosissime:
1. le lingue di fuoco si dividono e si posano su ciascuno. Ognuno ha un carisma, una indivi-dualità. L’individualità diventa dono
2. parlare in lingua: dono di comunicazione. La qualità della nostra vita spirituale: la capa-cità di comunione. La disponibilità a coinvolge-re l’altro. Pentecoste è capacità di parlare la lingua dell’altro.

v.7: non sono tutti galilei? Come mai li sen-tiamo parlare nelle nostre lingue? Che cosa significa questo?
Li sentiamo parlare nei nostri dialetti: non è che loro vengano a noi, ma noi andiamo a lo-ro. Evangelii Gaudium 158 ( Ci sono parole proprie della teologia o della catechesi, il cui significato non è comprensibile per la maggio-ranza dei cristiani)

* Qual è il linguaggio universale che tutti capi-scono? La vita.

TORNIAMO AD AT 2,42-47

Luca ci propone un’immagine della prima co-munità di Gerusalemme. Una foto: tutti felici e contenti (come al cenone dell’ultimo dell’anno). Qui Luca ci racconta la verità o sta sognando?
Tutti e due: realtà (la storia di Anania e Saffira che danno una parte dei loro averi) e sogno (il sogno di Dio).

Luca ci dice quelli che son gli strumenti ordi-nari per far crescere la comunità. 2,1 erano unanimi è l’essenziale. (Lc “omo-tumaton”). Medesimo umos, ‘intento’. Perché le nostre comunità sono unite? Non per omo-logazione ma per il medesimo intento – sen-timento – spirito. Bisogna avere chiaro che dobbiamo andare nella stessa dire-zione.

Che cosa ci tiene insieme? Nessuno tra noi si è scelto. Adesso che Gesù non c’è più, che cosa ci tiene insieme? Coltivare la memoria di una medesima vocazione. Ciascuno di noi ha rice-vuto una vocazione da Dio.
Come faccio a sentirmi unito con qualcuno col quale ho avuto uno screzio? Abbiamo il mede-simo intento.

I) Proskarteruntes: erano ‘perseveranti’ all’insegnamento degli apostoli: Ascolto della Parola di Dio.
Il Concilio ha ripreso la grande tradizione dei Padri: l’ascolto della Parola.

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Laicato Saveriano

Ecco il primo strumento che edifica la comuni-tà. La Parola crea una mentalità comune, semplicemente perché abbiamo lasciato parla-re Dio ed abbiamo imparato da lui come vivere in questo mondo.

II) Te koinoinia: assidui nella comunione. Si tratta dell’aspetto più difficile. Condivisione dei beni, non solo materiali ma anche i propri de-sideri, i sogni, le idee.
Due espressioni:
– Stavano insieme.
– Avevano ogni cosa in comune.
Una realtà diversificata. v.45: i beni in comune come segno della comunione di vita e di inten-ti.
E’ un ideale mai raggiunto, è un segno. Pensiamo alla parrocchia: condividi alcuni momenti pastorali ma non condividi la vita del tuo fratello, sorella. Lo chiami collaboratore. Tu diventi fratello di qualcuno quando condivi-di con lui, gioie e dolori. I poveri ci insegnano ad essere amici. Anche qui non si tratta di creare qualcosa di nuovo, ma uno stile di vita.

III) Frazione del pane: Eucaristia.
Questo è più facile da praticare ma difficile da vivere. Il rischio qui è di ridurre l’Eucaristia ad un semplice atto rituale. La comunità cresce perché celebra insieme. (domanda: abbiamo questa sensazione che mentre celebriamo la Messa cresciamo?)

IV) Le preghiere. Termine generico. Luca non specifica.
Perché le preghiere sono strumento di edifica-zione?
1. Pregare ognuno accanto all’altro ci fa crescere, diciamo assieme le medesime paro-le.

Dicembre 2018

2. Pregare gli uni per gli altri. Io ti por-to nella preghiera. Perché Gesù raccomanda la preghiera dei
nemici? Gesù non dice pregate per-ché si convertano, ma pregare punto e basta.

È l’ultima spiaggia del dialogo. Il rischio è cre-are una barriera di silenzio ed esclusione fino alla rottura (indifferenza). Pregando per il ne-mico, si intercede e si impedisce che la situa-zione diventi mostruosa.

CONCLUSIONE: v.47 così facendo la comunità godeva del favore di tutto il popolo (letteral-mente: “avevano grazia davanti a tutto il po-polo”).
v.48 mentre il Signore aggiungeva alla comu-nità coloro che erano salvati.
Ecco il frutto della vita, della pratica del van-gelo.
‘Provocare grazia’ vuol dire: provocare attra-zione. Perché non si attira più nessuno? Per-ché la nostra vita e la nostra comunità non ha nulla da dire. Evangelizzazione avviene per contagio.

Luca invita all’essenziale. Andare all’essenziale per dare il primato a ciò che merita: ascolto della parola, la comunione, la frazione del pa-ne, la preghiera. Luca invita ad essere conta-giosi.

E’ ancora possibile percorrere sentieri di co-munione, in una società sfilacciata?

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BACHECA

Perché un corso di missiologia

La PONTIFICIA UNIONE MISSIONARIA (MIS-SIO Consacrati), seguendo le indicazioni del suo fondatore, il Beato p. Paolo Manna (PIME) e del Magistero della Chiesa, dall’inizio della sua missione ha avuto a cuore che coloro che erano chiamati ad annunziare la gioia del Van-gelo a tutta l’umanità, ricevessero una profon-da e sistematica preparazione per il loro prin-cipale ministero: partecipare il Cristo, Parola incarnata, ad ogni creatura, perché tutti siano salvi.
La nuova Ratio Fundamentalis Institutionis Sa-cerdotalis, 2016 (# 171) raccomanda che “In un contesto di accresciuta mobilità umana, in cui il mondo intero è divenuto un “villaggio globale”, non potrà mancare nel corso di studi la MISSIOLOGIA, come genuina formazione alla universalità della Chiesa e alla promozione del suo slancio evangelizzatore, non solo come MISSIO AD GENTES, ma anche come NUOVA EVANGELIZZAZIONE”.
L’Evangelii Gaudium di Papa Francesco inoltre ha incoraggiato il nostro lavoro quando ha scritto: “Tutti hanno il diritto di ricevere il Vangelo. I cristiani hanno il dovere di annun-ciarlo senza escludere nessuno, non come chi impone un nuovo ob-
bligo, bensì come chi condivide una gioia, segnala un orizzonte bello, offre un ban-chetto desiderabile.
La Chiesa non cresce per proselitismo ma «per attrazione». Gio-vanni Paolo II ci ha invitato a riconoscere che «bisogna, tuttavia, non perdere la tensio-ne per l’annunzio» a coloro che stanno lon-tani da Cristo, «perché questo è il compito primo della Chiesa». L’attività missionaria «rappresenta, ancor oggi, la massima sfida per la Chiesa» e «la causa missionaria deve essere la prima».

Che cosa succederebbe se prendessimo real-mente sul serio queste parole?
Semplicemente riconosceremmo che l’azione missionaria è il paradigma di ogni opera della Chiesa. In questa linea, i Vescovi latinoameri-cani hanno affermato che «non possiamo più rimanere tranquilli, in attesa passiva, dentro le nostre chiese» e che è necessario passare «da una pastorale di semplice conservazione a una pastorale decisamente missionaria».
Papa Francesco nella Costituzione Apostoli-ca “Veritatis Gaudium” del 29/01/2018 ha in-vitato tutte le Università e Facol-tà Ecclesiastiche del mondo a svolgere la loro missione evangelizzatrice in questa luce: “La verità non è un’idea astratta, ma è Gesù, il Verbo di Dio in cui è la Vita che è la Luce degli uomini” ed “è questa la gioia che la Chiesa è spinta da Gesù a testimoniare e ad annunciare nella sua missione, senza sosta e con sempre nuova passione”.
Incoraggiati da queste parole vi proponiamo questo Corso di Missiologia per offrire un aiuto concreto all’opera evangelizzatrice di coloro che sono mandati a tutte le periferie della Ter-ra.

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Scrivete a: agendalaicisaveriani@gmail.com

Associazione “Laici Saveriani Ad Gentes” Organizzazione non lucrativa di utilità sociale – ONLUS Via Fra Acquaviva, 4 – 84135 Salerno – C.F. 95073720658

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Causale: contributo su C/C 511600/J a favore di Associazione Laici Saveriani Ad Gentes – Onlus

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