Parma : con la comunità bengalese
A Parma nel quartiere semi-centrale di San Leonardo si è stabilita da una decina di anni una numerosa e crescente comunità di migranti bangladesi. Si tratta quasi esclusivamente di famiglie composte da uomini arrivati in Italia trentenni fra la fine degli anni 2000 El inizio del decennio successivo, occupati a tempo pieno da almeno una decina di anni, e dalle loro mogli e figli arrivati in Italia con permessi di soggiorno per ‘ricongiungimento familiare’. Anche se una parte consistente del reddito percepito da questi lavoratori viene regolarmente rimessa in Bangladesh, la situazione economica delle famiglie è relativamente buona;
la stragrande maggioranza degli uomini è impiegata a tempo pieno con contratti a tempo indeterminato da cooperative di logistica o nel settore della ristorazione e in alcuni casi anche le donne lavorano anche se con contratti precari.
Nel marzo 2021 un quarantacinquenne bangladese che lavorava e risiedeva a Parma da circa 13 anni è deceduto per COVID 19, lasciando la moglie e i due figli che lo avevano raggiunto appena tre mesi prima, nel dicembre 2020. Stavo già seguendo questa e un’altra famiglia da circa un mese, di fatto come mediatrice culturale, grazie alla mia conoscenza della lingua bengali. La morte del padre ha chiaramente ingigantito i problemi che la vedova e i figli si sono trovati ad affrontare: non più soltanto questioni burocratiche legate allo status di migranti o alla non conoscenza della lingua italiana ma una vera e propria situazione di emergenza immediata e a lungo termine. Questa morte avrebbe potuto vanificare tutti sacrifici che Palash aveva fatto fino ad allora per garantire un futuro ai propri figli e gli sguardi con cui li ‘abbracciava’ mentre parlavamo con gli impiegati del comune o con le segretarie delle scuole. Il problema più immediato però era l’organizzazione del funerale, che essendo il defunto di religione indù, prevedeva la cremazione e la dispersione delle ceneri e che ha quindi comportato una serie di complicati (ancor più per chi non parlava l’italiano) passaggi burocratici.
A questo punto sono entrati in gioco i Laici saveriani di Parma ai quali mi stavo avvicinando da qualche tempo. Grazie a loro, abbiamo così potuto organizzare prima della cremazione una breve cerimonia di saluto nella casa madre dei Missionari saveriani a cui hanno partecipato i colleghi di lavoro e i vicini di casa del defunto. La comunità bangladese ha poi dimostrato grande unità e solidarietà alla famiglia con una consistente raccolta di fondi che ha consentito alla famiglia di fare fronte alle necessità immediate. Successivamente, sebbene alla famiglia non sia mancato il sostegno emotivo e pratico da parte di connazionali è diventato fondamentale un aiuto da parte dei laici su molteplici fronti, prima di tutto la mediazione linguistica per accedere ai servizi sociali e a diverse forme di sostegno economico e sociale a parte degli enti pubblici.
Nel frattempo abbiamo anche approfondito la conoscenza con altre famiglie bengalesi che sebbene in forma meno grave ed emergenziale hanno evidenziato una serie di problematiche: scarsa conoscenza della lingua italiana da parte di tutti i componenti della famiglia e conseguente difficoltà di accesso ai servizi sociali; difficoltà nella scelta della scuola per i figli e nell’inserimento scolastico dovute alla lingua ma anche alla mancata conoscenza del sistema scolastico in generale; senso di isolamento percepito da alcune ragazze adolescenti per la difficoltà nei rapporti con i compagni di classe e accentuato dalla mancanza delle relazioni della famiglia allargata;
scarso interesse da parte delle mogli/madri in relazioni sociali al di là del gruppo/quartiere e difficoltà nel seguire e motivare i figli nella loro carriera scolastica. Tutto questo comporta anche difficoltà nel muoversi in un contesto sociale più ampio e nel fronteggiare eventuali emergenze. Abbiamo quindi deciso di cercare un locale nei pressi del quartiere dove poter svolgere lezioni italiano per le donne e le adolescenti, come primo passo per conoscere meglio le diverse situazioni familiari ed eventualmente intervenire anche su altri fronti. Tutto questo naturalmente non nell’ottica di sostituirsi ai servizi sociali, ma piuttosto facilitarne la fruizione orientando le famiglie a una migliore conoscenza del contesto in cui si trovano.
Nell’autunno infatti, pur continuando le lezioni di italiano settimanali (iniziate nel giugno2021) le donne si sono iscritte anche ai corsi di italiano del CPIA (Centro Provinciale Istruzione Adulti). Questo progetto è lentamente cresciuto: da settembre 2021, da 4 a 6 donne seguono le lezioni di italiano una volta alla settimana nella sede della Fraternità e 4 ragazze adolescenti vengono aiutate nello svolgimento dei compiti. Le stesse vengono seguite nel loro percorso scolastico tramite colloqui con i loro insegnanti. Inoltre singoli volontari si occupano di altri tipi di ‘accompagnamento’: questura, servizi sanitari, documenti vari.
Si prevede anche di estendere l’aiuto scolastico ai fratelli di alcune delle ragazze e di coinvolgere nelle lezioni di italiano altre donne adulte recentemente arrivate che ci sono state segnalate dal CPIA. Abbiamo inoltre intenzione di programmare uscite culturali nella città per chi vorrà parteciparvi insieme ad una insegnante di storia dell’arte. L’obiettivo generale resta quello di facilitare un processo di integrazione sociale oltre che di rispondere a bisogni immediati.
Nicoletta Del Franco