Da Khulna a Bali

Non avrei mai pensato che in questi anni di missione avrei avuto l’occasione di partecipare a congressi internazionali. Invece ecco qui a InizI0 luglio ho avuto l’opportunità di partecipare al “22nd lnternational Leprosy Congress” che si è tenuto a Bali (Indonesia).

Quando sr. Roberta mi ha detto che ci sarebbe stato il congresso, non pensavo di partecipare, invece poi siamo riuscite a partecipare entrambe e a presentare anche un abstract (accettato come poster) con la casistica di 10 anni di pazienti di lebbra seguiti dal Khulna Leprosy and TB Project.

I congressi internazionali sono interessanti perchè consentono di vedere cosa si muove nel mondo in termini di nuove possibilità di diagnosi, terapia etc e soprattutto ti permettono di incontrare persone che lavorano per la stessa tipologia di pazienti in altre parti del mondo. L’Indonesia è uno dei 3 paesi con il maggior numero di casi/anno di lebbra, insieme a India e Brasile, anche se in altri paesi, come molti paesi dell’Africa e anche qui in Bangladesh la sensazione è che molti pazienti non vengano diagnosticati, per lontananza da strutture sanitarie adeguate, per scarsa conoscenza della patologia o che gli stessi pazienti preferiscano nascondere il problema per non essere discriminati.

Al congresso ho potuto ascoltare cose per me

nuove e imparare come alcuni aspetti della malattia vengono affrontati da altri colleghi così da poter migliorare la gestione dei nostri pazienti. Abbiamo anche preso contatti con colleghi che potrebbero aiutarci nel migliorare l’approccio ai malati mediante l’uso di esami di laboratorio, diagnostica per immagini o strumenti per valutare l’impatto della malattia nel quotidiano del paziente.

progetto sostenuto da Nuovi Spazi al Servire ong onlus e Laicato Saveriano

Tutti aspetti estremamente interessanti. Mi ha fatto molto riflettere la relazione della dottoressa Beatriz Miranda – Uniteci Nations Special Rapporteur per la eliminazione della discriminazione contro le persone affette da lebbra e i loro familiari, che ha evidenziato come la discriminazione contro questi pazienti sia ancora estremamente diffusa nel mondo, con persone che per essere diagnosticate con lebbra vengono discriminate nella società civile, sul posto di lavoro e addirittura in famiglia.

L’altra riflessione che mi ha colpito è la

difficoltà in molti luoghi nel mondo ad avere accesso a una diagnosi accurata e tempestiva, e fatta la diagnosi a cure tempestive. Più tardi si inizia il trattamento più aumenta il rischio di disabilità gravi, ma in molti casi le medicine non sono subito disponibili e quindi occorre aspettare anche mesi prima di iniziare il trattamento. Questo perchè ovviamente sono medicine passate dai governi o dall’OMS, c’è un problema di costi e approvvigionamento, cosa che si riflette sui protocolli terapeutici che vengono consigliati a livello internazionale.

Insomma si ha la sensazione che, poichè la lebbra è una malattia che non interessa al “business” della sanità, infatti colpisce persone povere, in paesi con bassa disponibilità economica, allora ci si barcamena con le risorse disponibili.

Un coraggioso relatore, il dr. Ben Naafs, che lavora da 50 anni con i malati di lebbra, ha chiaramente detto che le attuali linee guida mondiali (che dicono di trattare i malati per 6/12 mesi) risentono della disponibilità economica dei governi o dell’OMS, ma che secondo la sua esperienza alcune tipologie di pazienti andrebbero trattati addirittura per tutta la vita. Insomma c’è molto da imparare e su cui riflettere, anche dal punto di vista delle politiche sanitarie, ma mi pare che l’attuale situazione politica mondiale vada in tutt’altra direzione.

A parte il congresso Bali ci ha anche regalato alcuni giorni di relax e immersione in un paese diverso, la cui cultura è intrisa di religiosità, come dimostrano i tanti templi induisti e la presenza di piccole offerte, per tenere a bada gli spiriti maligni, che le persone lasciano quotidianamente ovunque, davanti alle case, ai negozi sulle strade e ovviamente nei templi. Nonostante l’Indonesia sia un paese la cui popolazione è prevalentemente di religione islamica, nell’isola di Bali la maggioranza della popolazione è indù. Non abbiamo mancato di apprezzare anche le bellezze naturali (mare, spiagge, vulcani, risaie) e la cucina locale, oltre ad essere travolti dal traffico intenso e dal turismo diffuso.

Rientrati in Bangladesh la vita ha ripreso il suo ritmo, in attesa di tornare in Italia per qualche settimana a inizio agosto…per cui ci vediamo presto.

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