Agenda novembre 2018

 

https://www.laicatosaveriano.it/wp-content/uploads/2018/12/Agenda-2018-11.pdf

 

E dovendo pur prendere da voi commiato, permettete che, riepilogando il già detto, io esprimo un voto; il voto che la caratteristica che dovrà distinguere i
membri presenti e futuri della pia nostra Società sia sempre la risultante di questi coefficienti: spirito di viva fede che ci faccia veder Dio, cercar Dio, amar Dio in tut-to, acuendo in noi il desiderio di propagare ovunque il suo Regno; spirito di obbedienza pronta, generosa, co-stante in tutto e ad ogni costo per riportare le vittorie da Dio promesse all’uomo obbediente; spirito di amore intenso per la nostra Religiosa Famiglia, che dobbiamo considerare qual madre e di carità a tutta prova per i membri che la compongono. E io lo affido al Cuore ado-rabile di Gesù pregandolo a renderlo efficace con la sua grazia.
( Lettera circolare quinta – Parma 2/ 07 /1921

Le Parole del Padre
State preparati – ci ripete in ogni pagina del S. vangelo il Divino Maestro – non sapete a che ora venga il Signore vo-stro….in quell’ora che non pensate verrà il Figliolo dell’uomo
e voi ign rate se verrà a sera, se a mezzanotte, se al canto del gallo, se alla mattina. Per molto che tardi, verrà relati-vamente presto per quell’estremo momento in cui dovremo lasciare per sempre gli onori, i piaceri, gli amici, i parenti, ogni cosa insomma. Alziamo almeno adesso gli occhi a quel Dio che è fedele, buono, onnipotente e la speranza in lui ci incoraggi al doloroso passo. In una soave visone dei nostri giorni primaverili l’immagine del bene ci si è presentata allo sguardo e non ci è sfuggita più mai dalla mente. Non era questo o quel bene: era il bene, tutto il bene, il solo bene. E noi tra le gioie e i dolori l’abbiamo cercato per tanti e tanti anni senza raggiungerlo perché lo chiedevamo alle creature che non l’avevano. Ora invece quel sommo bene ci è vicino, ne stende le braccia e ci si offre, ma si dona soltanto a chi lo vuole e a chi lo ama.
( Omelia 8/12/1924 – Parma )
L a i c a t o S a v e r i a n o

Novembre

2018

– 1 –

Laicato Saveriano Novembre 2018

Notizie dal mondo

Mozambico

Buona Missione p. Andrea!!

P. Andrea Facchetti, un giovane Padre saveriano che vive in Mozambico, il 12 ottobre è rientrato in Africa dopo i tre mesi di riposo in Italia. Prima del suo ritorno ha organizzato una serie di serate, tra cui a Parma e Ancona, per salutare gli amici. Lo abbiamo incontrato con il gruppo del laicato.

Andrea è una persona ricca di una grande u-manità, tanto desiderio di stare a fianco dei piu poveri, di aiutare i giovani per un futuro migliore, di vivere la missione con coraggio e fedeltà alla Parola di Gesù. La sua testimo-nianza di giovane missionario e stata scelta anche all´interno del sussidio missionario na-zionale in preparazione dell´ottobre missiona-rio. Ci ha lasciato un audio messaggio che il gruppo di Ancona ha utilizzato durante la ve-glia per il mese missionario. Di seguito vi ri-portiamo il testo.

Madokerwa vuol dire buona sera nella lingua Axena africana, nella lingua che parliamo in questo angolo di Africa in Monzambico sulla riva del fiume Zambese. Significa: “Come il sole è tramontato per te?”

Spero che il sole sia tramontato bene per voi in questa giornata in questo momento di pre-ghiera, che ci ricorda che tutti siamo in mis-sione, siamo missionari. Allora condivido con voi due idee per vivere bene la missione ad Ancona, Italia, Africa e in ogni parte del mon-do.

La prima idea è questa: fino a due settimane fa ero in Italia per le ferie, ci tornavo dopo tre anni e quando si torna dopo tre anni è molto più facile vedere i cambiamenti (si vedono in maniera molto più netta e molto più nitida) e quello che ho visto è che ci sono molti selfie.

Molti selfie significa molta vita concentrata su se stessi, io al centro del mondo. Vivere bene la missione allora è spostare il selfie, la telecamera da me stesso verso gli altri. Insieme alla telecamera del telefono anche la mia vita, il mio cuore, la mia te-sta, vuol dire investire sulle relazioni. Vive-re bene la missione vuol dire costruire e fare manutenzione delle relazioni. Manu-tenzione: fare della vita una officina per le relazioni, e cosa fa l’officina? Fa manuten-zione di macchine, moto e bici, quando non si fa la manutenzione a macchine, mo-to e bici un giorno all’improvviso si ferma-no e così anche la nostra vita: se non fac-ciamo la manutenzione delle relazioni, la vita poco alla volta diventerà triste come

una macchina che non va.

Allora dedichiamo tempo alle relazioni in casa, coi figli, con i genitori, con la moglie, col mari-to, con i nipoti, con i nonni, in parrocchia, a scuola, sui posti di lavoro, in città. Dedichiamo tempo alla relazione, la relazione faccia a fac-cia soprattutto con le persone sole, con le per-sone più povere, non chiudiamoci su noi stessi ma apriamoci agli altri, facciamo “manuten-zione delle relazioni”.

La seconda idea invece è questa: siamo Cri-stiani, essere cristiano vuol dire vivere il Van-gelo e per vivere il Vangelo dobbiamo cono-scerlo e quindi prendiamo in mano ogni giorno la Parola di Dio, una pagina di Vangelo, leg-giamolo, meditiamolo, chiediamoci: “cosa sta dicendo questa Parola alla mia vita?” Faccia-molo individualmente, facciamolo da soli. Prenderemo per mano il Vangelo e un pò alla volta ci accorgeremo che sarà il Vangelo a prendere per mano noi e a guidare la nostra vita. Allora buona Missione, buona Missione a ciascuno sempre avanti e che il sole sorga be-ne per voi, domani, dopodomani e ogni giorno della vita.

Buona missione anche a te, p. Andrea

– 2 –

Laicato Saveriano Novembre 2018

Congo

Domenica 4 novembre sono stati celebrati a Panzi, parrocchia saveriana di Bucavu i 60 anni di pre-senza in Congo dei Missionari Saveriani e 50 di sacerdozio di p Franco Bordignon e p. Giovanni Querzani.

Sono stati anche festeggiati 25 anni di sacerdozio di p. Pacibone e i 25 anni dalla prima professione religiosa di Jeannette Byamungu Kitambala, missionaria di Maria. Ringraziamo il Signore per le sue meraviglie e la sua misericordia!

Un’isola nel Mediterraneo: appunti di viaggio

Pubblichiamo una riflessioni inviataci da Nino, un laico saveriano del gruppo di Salerno, che viaggia molto spesso per lavoro.

Da molti anni ormai sono spesso lontano da ca-sa per lavoro, sia in Italia che all’estero, ed è per questo che ho imparato a vivere questa parte importante del mio tempo cercando di cogliere aspetti e situazioni che vorrei condividere con voi. Nando mi aveva chiesto di scrivere un picco-lo racconto dell’esperienza fatta quest’estate in Corea del Sud, insieme ad Anna Paola, Sara e Paolo che mi hanno accompagnato in occasione di un congresso, per poi trascorrere qualche giorno di vacanza. Qualche giorno fa avevo co-minciato a scrivere l’articolo all’aeroporto di Pa-lermo (treni ed aeroporti sono ormai i luoghi dove scrivo e leggo di più), in attesa di un volo per Lampedusa, un’isola dove negli ultimi anni mi è capitato di andare diverse volte, per lavoro. Forse per questo mi è attraversata nella mente un’immagine riguardante un’altra realtà simile a Lampedusa che pure avevo visitato di recente

per la sesta volta e dove tornerò nella prossima primavera. Ho deciso in quel momento: dovevo scrivere qualcosa su quest’esperienza, la Corea aspetterà il suo turno anche perché avrei biso-gno di condividere le mie emozioni con quelle dei miei familiari e non ne ho avuto il tempo. Spero che Nando mi perdoni.

L’isola in questione si chiama Leros, tra le più piccole dell’arcipelago greco del Dodecaneso, 8000 abitanti, vicinissima alla Turchia (da molte parti dell’isola la costa turca è visibile ad occhio nudo), e distante poco più di un’ora di barca da Patmos, l’sola dell’Apocalisse di S. Giovanni.

Bellissima dal punto di vista paesaggistico con insenature profonde e collinette che in primave-ra si riempiono di profumi e fiori. D’altra parte nell’antica Grecia in quest’isola è nato il culto di Artemide, la dea della caccia, e il prodotto più

– 3 –

Laicato Saveriano Novembre 2018

tipico è il miele, considerato tra i migliori al mondo.

Qualcuno che ha buona memoria degli studi fat-ti quando la storia e la geografia erano impron-tate su base nazionalistica, ricorderà che questo arcipelago greco è stato possedimento italiano fino alla seconda guerra mondiale, a partire dal-la guerra italo-turca del 1911-12. Prima della vittoria italiana, Leros faceva parte dello stermi-nato impero ottomano (turco) che si estendeva fino al nord-Africa. Questo fa sì che alcuni an-ziani dell’isola ancora mastichino qualche parola di italiano e che ci siano numerose testimonian-ze architettoniche della nostra recente presen-za, visibili soprattutto nella cittadina principale, Lakki, adagiata su una delle baie più belle di tut-to il Mediterraneo e scelta dai nostri strateghi come una delle principali basi aereo-navali ita-liane del recente passato.

La prima immagine che mi viene in mente ogni volta che passo vicino agli ex insediamenti mili-tari è il volto di mio nonno Enrico, classe 1890, che quella guerra l’ha combattuta davvero e che raccontava a noi nipoti volti e storie fatti anche di paura e gesti di solidarietà tipici di chi vive la guerra nella condizione di soldato semplice. D’altra parte il suo compito era quello di buttare carbone nelle caldaie della nave su cui era im-barcato come “fuochista scelto”, pura e sempli-ce carne da macello, in caso di attacco destinato a fare la così detta “morte dei topi”, fortunato ad aver portato la pelle a casa.

Prima riflessione: la gente che vive in un posto così piccolo, ma così importante strategicamen-te (secondo la stupida logica militare), si è trova-ta a passare facilmente nel corso dei secoli da un dominio all’altro senza avere alcuna possibili-tà di scelta. Certo, da quello che ho visto e da quello che si legge, gli italiani a Leros hanno co-struito case, ospedali e strutture all’avanguardia per quel periodo, ed ancora sono rispettati ed ammirati molto più del “nemico turco”. Questo però non deve mai farci immaginare che qualco-sa possa giustificare l’invasione di territori e la soppressione di libertà di un popolo già croni-camente oggetto di “palleggiamento” tra la Gre-cia e la Turchia. Non esistono eserciti che porta-no la civiltà, la guerra deve essere sempre abor-

rita, lo dobbiamo gridare forte soprattutto in questo periodo storico.

Bene, direte, ma che c’entra tutto questo con Lampedusa e con una riflessione diretta ad un gruppo missionario? C’entra, ve lo spiego tra un attimo. Dopo le distruzioni e i morti della se-conda guerra mondiale, mentre in tutta Europa cominciava la faticosa ricrescita, il governo gre-co decise che gli abitanti dell’isola non avevano ancora sofferto abbastanza. Con una decisione a dir poco pazzesca (scusate il gioco di parole) de-cise di trasformare Leros in quella che sarebbe passata alla storia come “l’isola dei pazzi” e di costruire uno dei più grandi manicomi di tutta Europa proprio dove sorgevano i vecchi inse-diamenti italiani. Quasi TREMILA (!) disagiati psi-chici provenienti da tutta la Grecia, internati in un’isola di poche migliaia di abitanti. Oltre ov-viamente ad avversari politici e persone scomo-de che furono isolate in quei luoghi durante il così detto Regime dei Colonnelli, durante gli an-ni settanta.

Seconda riflessione: ci pensate? Un’isola tra-sformata in manicomio, follia pura, un luogo che

è stato ufficialmente chiuso solo alle soglie degli anni novanta, cose che solo la perversione della mente umana riesce ad immaginare. Di questa esperienza, del manicomio un tempo esistente sull’isola, è davvero difficile parlare con gli abi-tanti (almeno quelli che conosco io), se non in maniera evasiva, quasi a volere scongiurare l’infamante marchio affibbiato all’isola e ai suoi residenti.

Nel mio ultimo viaggio a Leros ho avuto modo di visitare da vicino quei luoghi. L’ex caserma ita-liana, spettrale nella sua nudità, domina una se-rie di piccoli edifici oggi adibiti alla riabilitazione di un centinaio di pazienti con problemi psichici, impegnati in piccoli lavori di cooperativa socia-le. Stringendo la mano ad alcuni di loro mi è ve-nuto in mente che stavo osservando il fiore sbocciato di una piccola rinascita: un’ex base militare ed un ex manicomio che generano una speranza di vita, una possibilità che qualcosa cambi davvero.

Già, e Lampedusa? Ecco il punto: ad appena centro metri dal centro psichiatrico, sapete che cosa sorge? Non ci crederete, proprio lì, tanto

– 4 –

Laicato Saveriano Novembre 2018

per non perdere l’abitudine, hanno costruito l’hot spot per l’accoglienza delle migliaia di pro-fughi, siriani, pakistani ed afgani, che dalla Tur-chia cercano di arrivare in territorio europeo sperando in una clemenza che l’attuale Europa proprio non vuole accordare. Quando sono an-dato io, il centro ne ospitava circa 800, molte donne e bambini, per quello che si intravede a distanza dai panni stesi, visto che non è possibi-le visitarlo.

Terza ed ultima riflessione: il pensiero che all’aeroporto di Palermo mi ha fatto venire in mente Leros mentre alzavo gli occhi verso il display che annunciava il volo per Lampedusa è stato generato da un commento sugli immigrati di un signore seduto accanto a me con la mo-glie, che so per certo essere un lampedusano poiché partecipa al progetto di lavoro che in-sieme ad altri colleghi sto portando avanti sull’isola. Il commento era duro, sicuramente non favorevole agli sbarchi di immigrati e alla loro accoglienza. Cose che ho sentito anche a Leros, e forse non è un caso che l’hotspot sia stato immaginato dove prima erano collocati i diversi per antonomasia, i pazzi, e dove molti anni prima un esercito straniero aveva costruito un’immagine di potenza militare.

Ho scritto tutto questo per affidare a voi la mia riflessione: oggi mi è facile dire a tutti che biso-gna accogliere, che gli stranieri sono un’opportunità per incontrare Cristo, che il cri-stiano non è tale se non apre le braccia ai fratelli in difficoltà. E se fossi nato a Leros o a Lampe-dusa? Se il quartiere dove abito a Salerno (le isole di cui vi ho parlato hanno meno abitanti del mio quartiere) fosse invaso con cadenza pe-riodica da eserciti, pazzi, stranieri, senza alcuna spiegazione plausibile del perchè tutto ciò deb-ba capitare sempre nello stesso quartiere, come avrei reagito?

Non ho una risposta reale certa, vorrei davvero esserci nato per rispondere in maniera sincera; la risposta teorica di chi vive felice a distanza già la conoscete.

PS. Ho finito di scrivere l’articolo nel treno che da Napoli mi sta portando al Nord; domani, do-po la riunione di lavoro che mi conduce ancora una volta lontano da casa avrò la fortuna di po-ter passare una sera con gli amici del gruppo di Parma, se mi verrà in mente mi piacerebbe di-scuterne con loro.

Nino

– 5 –

Laicato Saveriano Novembre 2018

Vita di Famiglia

Vicenza

100 anni

Si festeggia la presenza centenaria dei Saveriani a Vicenza

I festeggiamenti per i 100 anni della presenza dell’istituto Saveriano a Vicenza sono iniziati lo scorso 28 ottobre, anniversario della morte di p. Pietro Uccelli.

Tanti i conoscenti, amici, parenti, ex allievi che hanno partecipato alla festa.

Alle ore 9 p. Guglielmo Camera, postulatore, ha raccontato e portato esempi della vita spiri-tuale eroica di fede e di carità di padre Uccelli, che papa Francesco ha dichiarato venerabile lo scorso mese di maggio.

Alle 10 c’è stato l’intervento del vicario gene-rale P. Mario Mula che ha offerto una panora-mica della presenza dei saveriani nel mondo.

Tra le varie riflessioni riporto il suo accenno al laicato:“… quello che stiamo facendo è coin-volgere molto di più i laici. Voi sapete che esi-ste in Italia un laicato saveriano, loro sono persone che vivono nelle loro famiglie. Perso-ne anche sposate con figli, che hanno però assunto completamente l’ideale del Conforti, quindi siamo un’unica grande famiglia e que-sto deve diventare sempre più forte

La giornata è continuata con la celebrazione della santa messa presieduta dal vescovo di Vicenza Beniamino Pizziol e si è conclusa con un festoso banchetto

– 6 –

Laicato Saveriano Novembre 2018

Mostra interculturale

La sezione dedicata a TAGORE e a P. Marino RIGON della Mostra “R-ESISTENZA: vivere, soprav-vivere convivere” è stata allestita presso la casa saveriana di Vicenza.

Nello scorso mese di ottobre, in occasione del primo anniversario della morte di p. Marino Rigon, l’ingresso della casa saveriana di viale Trento a Vicenza ha ospitato parte della mostra del laicato saveriano.

La nipote Alessandra con Emanuela, padre Carlos e padre Giuseppe hanno predisposto la mostra che dà risalto alle figure di Tagore e padre Rigon. Padre Marino, missionario save-riano vicentino è stato il principale traduttore delle opere del poeta Rabindranath Tagore, in un’ottica di rispetto e immersione totale della cultura bengalese.

Facevano bella la mostra, oltre ai molti libri che p. Rigon ha scritto e tradotto, le Nockshi Kanta, ovvero i panni ricamati dalle donne

bengalesi nei villaggi, donate dal centro studi Tagore di Villaverla (Vi).

La mostra è stata molto apprezzata anche dai parenti di p. Marino che hanno partecipato alla santa messa nel giorno dell’anniversario della scomparsa, giorno in cui la salma era in viag-gio per rientrare, su richiesta del governo bengalese, nella missione di Selabùnia dove il missionario era vissuto.

– 7 –

Laicato Saveriano Novembre 2018

Salerno

Chiesa di migranti per migranti:
un testimone dall’ Arabia Meridionale

Il 18 di settembre si è avviata una nuova iniziativa di animazione missionaria a Salerno, frutto della collaborazione tra la famiglia saveriana (padri,sorelle e laici) e la casa editrice EMI. Ecco un resocon-to del primo incontro. Nuova evangelizzazione significa risvegliare nel cuore e nella mente dei nostri contemporanei la vita della fede e noi Saveriani (Padri e Laici) abbiamo pensato di proporre due se-rate in ascolto della testimonianza di vita del Vicario dell’Arabia meridionale, Mons. Paul Hinder, cap-puccino di origine svizzera che è stato ospite a Salerno e ad Eboli per incontrare quanti hanno voluto approfondire il tema “Islam, la sfida dell’incontro”.

Due momenti intensi, che hanno riscontrato l’interesse di oltre 100 ascoltatori che hanno animato il dibattito, ponendo quesiti ai quali non sempre si poteva fornire risposta, a tutela di quella Chiesa talvolta precaria e nascosta, che opera nel silenzio il suo annuncio.

Molto lascia intendere, a tal proposito, la quar-ta di copertina del volume pubblicato dalla E-MI, in cui è riportata, a mio avviso, una por-zione rappresentativa del testo di Hinder: “Ri-manemmo a Riyad sette giorni, visitando am-basciate e case private, impartimmo sacra-menti, celebrammo varie volte l’eucaristia. Fi-no a tre messe al giorno, in vari luoghi. Tutto nascosto. Non organizzammo servizi liturgici, ma formalmente “feste di compleanno”. La fede, in queste piccole stanze, è come una fi-nestra aperta sul mondo della libertà. Non può venire spalancata, ma il soffio che passa dallo spiraglio ha una forza e una freschezza che mi toccano nel profondo”

Si può rimanere sconvolti nel leggere la defini-zione che Paul fa di se stesso “sono pastore di migranti”. È impegnato nella penisola arabica:

un tempo in 7 stati, ora in 3, dove la vita ecclesiale non è, in tutti, attiva e garanti-ta, come in Yemen. Mons. Hinder si spo-sta spesso tra le 26 parrocchie, dove la liturgia si svolge in diverse lingue e diver-si riti. Non occorre aggiungere commento alle parole che ci ha dedicato e che mi hanno colpito e che avendo ascoltando con grande attenzio-ne, di seguito riporto.

“Vivo una Chiesa di migranti per migranti, non ci sono cristiani autoctoni, ma di prove-nienza da altri paesi. Migrante è la stragrande maggioranza della popolazione di queste terre, dove convivono due società: quella locale e quella migrante. Il migrante non guadagnerà mai la cittadinanza, ma può lasciarsi coinvol-gere e allo stesso tempo, può contaminare il locale. L’80% dei cristiani presenti sono catto-lici e, unitamente agli altri, vivono diversi momenti di dialogo con le altre fedi, presieduti anche dalle figure istituzionali del mondo ara-bo dei cosiddetti Ministri per la Tolleranza. La sfida più grande del mio ministero è quello di favorire e curare l’unità della chiesa in un contesto di sì tante differenze. I nostri fedeli arrivano da tutto il mondo, anche se in preva-lenza dall’Asia e portano con sé eccezionali ricchezze culturali, di tradizioni e riti. Tutto questo si traduce anche nella sfida di tenere insieme queste diversità e creare senso di appartenenza, cercando di evitare ghetti et-nici, perché vivere la Chiesa significa speri-mentare l’apertura all’altro e non solo verso chi viene dalla mia stessa terra d’origine. Cre-

– 8 –

Laicato Saveriano Novembre 2018

do che noi viviamo una situazione che, dal punto di vista sociologico, si ripeterà anche in altre parti del mondo: le migrazioni contami-nano anche l’aula liturgica. Significativo è per noi la presenza dei laici nelle nostre parroc-chie, che si occupano della catechesi e che, nelle feste liturgiche più importanti, ci aiutano a distribuire la comunione. Siamo un laborato-rio di carismi che consente al clero di offrire maggior disponibilità di tempo all’ascolto di chi ha bisogno. Vivo la difficoltà dell’assenza di spazi per le liturgia: a Dubai, nelle grandi feste cristiane, attendono la turnazione per parteci-pare alla messa ben 60mila cristiani, crean-do disagi logistici. Non manca di dare conforto e sostegno con la pastorale alle diverse situa-

zioni di compromesso familiare che i tanti migranti cristiani vivono quando si allontanano dal loro nucleo affettivo. Il paese più intolle-rante è l’Arabia Saudita, sebbene ci siano cambiamenti simbolici in corso, i cui effetti sa-rà bene aspettare e verificare con mano, come fece San Tommaso. I processi, anche nel mondi arabo sono lenti, mai immediati”. Tutte parole queste ci consentono di comprendere l’opera silente e faticosa della Chiesa, sempre pronta a curare il suo gregge con azioni pasto-rali di grande vicinanza che sono, al contem-po, specchio della testimonianza importante di chi sa andare OLTRE e parlare di ALTRO.

Marta Chiaradonna

Incontro con p. Solalinde

Il 7 di ottobre, presso la casa dei Saveriani a Salerno, si è tenuto il secondo degli incontro di infor-mazione e sensibilizzazione, che verranno promossi in questo nuovo anno, all’interno delle proposte di animazione missionaria programmate.

Un uditorio attento e molto interessato ha ac-colto il sacerdote Alejandro Solalinde nella se-de dell’Istituto Saveriano a Salerno. Ha dato il via all’incontro padre Claudio Marano seguito nella presentazione dal Rettore padre Ma-rio Gallia, impegnato anche come traduttore visto la sua lunga permanenza in Messico, che ha delineato i tratti importanti della vita dell’il-lustre ospite che lo hanno portato alla svolta ed alla scelta definitiva. Solalinde racconta che l’incontro con i migranti, ma ancor più il miste-ro della loro sparizione, lo hanno portato ad impegnarsi in un compito oltremodo pericolo-so. Convinto che tutti i battezzati hanno la stessa dignità, non poteva non impegnarsi nel costruire il Regno di Dio. Il Vangelo è il Regno di Dio ed i battezzati sono la luce del mondo

ed il sale della terra. Oggi si sta perdendo il senso della vita e la Fede come stile di vita. La paura è ciò che ostacola tale modo di vivere. Bisogna guardare a Gesù, il primo missionario; solo così la Chiesa sarà una chiesa in movi-mento per tutti, uomini e donne. Quest’ultime, sottolinea Alejandro, Gesù le ha volute con Lui: Maria Maddalena è la prima apostola. La Chiesa non è per soli uomini, e neanche solo per gli anziani, se è così vecchia, non è nor-male.

Il gradito ospite della serata ribadisce che tutti devono operare come lievito per il Regno di Dio. Si sente ed è un prete missionario come tutti, ma grazie ai migranti ha capito che tutti siamo migranti; nella Chiesa itinerante siamo tutti pellegrini.

– 9 –

Laicato Saveriano Novembre 2018

Nei migranti ha scoperto la libertà, il non esse-re ingabbiati, come invece può essere chi cre-de nel capitalismo. I migranti sono indigenti per vitto e alloggio ma anche un ricco ha le sue povertà: ha bisogno degli altri, ha bisogno di Dio. Bisogna uscire dagli schemi convenzio-nali e dal condizionamento che ha creato di-stanze tra gli uomini, facendo perdere la me-moria storica di quanto riguarda l’Europa e l’Africa, di quanti sono colpevoli di aver provo-cato migrazione, sottosviluppo, azioni crimina-li. Ciò non è nè cristiano, nè umano. C’è biso-gno di autocritica anche nella Chiesa e, dice Solalinde, la situazione è più critica nella no-stra chiesa che in America. Tutti facciamo par-te della stessa famiglia, mentre l’atteggiamen-to verso i migranti è discriminatorio. Si può lottare contro il capitalismo? Lo possono i mi-granti, noi invece siamo “migranti” bloccati. I migranti possono considerarsi antidoto al capi-talismo, essi hanno fede e lottano per le loro famiglie. Per essi Dio è il padrone di tutto. Dio ci ha dato la terra perché potessimo viverci in pace. Ci vogliono uniformare ma siamo tutti differenti, molti non accettano ed hanno pau-

ra delle differenze. Fede e Amore possono te-nerci uniti, ma ci costa accettare gli altri. Spesso siamo disponibili verso i buoni, ma non per coloro che riteniamo meno buoni. Siamo una società che giudica perchè non accetta le diversità. Solalinde ripete ancora che questa visione della vita e della chiesa gli è stato in-segnata dai migranti, che lo hanno accettato da subito così com’era, senza chiedergli nulla in cambio.

La vita riserva sorprese imprevedibili. Bisogna accettare il momento presente e quello che viene. L’Europa presenta una situazione pre-occupante per la non accettazione dei migran-ti, ma quest’ultimi sono il futuro.

Alejandro Solalinde conclude il suo intervento, dicendo che c’è stato l’intervento di Dio come suggeritore nello scrivere il libro “I narcos mi vogliono morto” ( se potete leggetelo è molto interessante e a tratti sconvolgente) ed anche per continuare a fare quello che sta facendo per i migranti.

Saverio ( laicato saveriano Salerno).

Incontro mensile…

Il 14 ottobre si è svolto l’ incontro formativo dei laici di Salerno, come sempre tema del primo incon-tro dell’anno è la lettera del Papa per la Giornata Missionaria Mondiale.

Nella casa saveriana eravamo in venti per ri-
flettere sulla lettera del Papa per la giornata

missionaria mondiale 2018. Dopo

l’accoglienza e il momento di preghiera, Ma-rianna, la nostra guida nelle varie attività, ci ha subito invitato a non fare riferimento alla nostra età anagrafica per sentirci i diretti inte-statari della lettera del Papa che inizia cosi “ Cari giovani…..”

E’ vero! I giovani sono gli interlocutori privile-giati del Papa! Ma subito nelle righe succes-

sive della lettera il Papa propone a tut-ti, anche a chi è avanti negli anni , una sfida, quella di guardarsi dentro e guardare il mondo con gli occhi della fede cristiana che resta sempre giovane quando si apre alla missione. Successivamente per enucleare gli elementi che caratterizzano uno sguardo giovane si è fatto ricorso ai ricordi o meglio ad un ricordo in particolare di ciascuno di noi, partendo da un oggetto, una foto, uno scritto. Così, dando spazio alla narrazione di sé, ognuno ha rac-contato un momento della propria giovinezza. Sono emersi stati d’animo, sogni, incontri par-ticolari ed è stato facile cogliere gli entusia-

smi, l’energia propri dell’essere giovane ed ancora altro se si legge il testo scaturito dalla tempesta di idee

Dopo il racconto autobiografico Marianna ci ha proposto la lettura individuale della lettera del Papa per riportare agli altri aspetti signifi-cativi del messaggio e le risposte alle seguenti domande:

All’inizio del mio cammino di fede cosa mi dava passione ed entusiasmo?

Cosa ad oggi mi dà passione ed entusiasmo all’interno della Chiesa, del Laicato saveriano? Come la vivo?

Dal cerchio assembleare é emerso che le paro-le del Papa sono ancora una volta una provo-cazione su quello che siamo stati e su quello che dovremmo essere, un invito a rinnovarsi nella gioia, a cercare Dio attraverso il servizio agli altri, a vedere nell’indifferenza verso la fede o nell’odio verso la vita piena, la periferia verso cui dirigere la missio ad gentes. Con queste sfide, accompagnati dal giovane padre Carlo Salvadori, nuova e provvidenziale pre-senza a Salerno, è iniziato il nostro nuovo an-no di formazione

– 10 –

Laicato Saveriano Novembre 2018

Festa dei Popoli

Dopo un cammino di preparazione lungo un anno, la pioggia del 16 giugno ha voluto be-nedire il 10° anno della Festa dei Popoli.

Nonostante siamo stati costretti a rimandarla, lo spirito della Festa era nell’aria.

La piazza vuota, fitta di acqua che cadeva dal cielo, eppure gli stand stracolmi di persone di ogni tipo, in qualcuno si condivideva il cibo preparato, da qualche altro stand arrivava la melodia di qualche canto, chi offriva tisane calde per scaldarsi, dove mi sono riparata io si rideva a crepapelle perché eravamo zuppi di acqua, mentre urlavo: “Riparate Maurizioooo” e lui che beveva come niente fosse la sua bot-tiglia di latte in mezzo a gente sconosciuta.

È vero, il tempo non ci è stato d’aiuto, ma credo che l’imprevisto ha tirato fuori comun-que il bello dello stare insieme tra popoli.

Abbiamo deciso di rimandarla al 16 settembre, perchè forte restava il desiderio di far vedere che siamo in tanti a credere nell’accoglienza, nell’interazione, nell’armonia tra popoli, cultu-re, tradizioni e persone.

Come oramai di rito, abbiamo iniziato la Festa pregando insieme, tra fedi diverse, per la pa-ce e l’armonia tra i popoli; subito dopo con lo spettacolo abbiamo scoperto e ammirato la ricchezza della storia, della cultura e delle tra-dizioni attraverso il filo conduttore dei colori.

È stato un bel momento di Festa. Ed è bello pensare che con la pioggia o col sole abbiamo vissuto in Piazza la gioia e la bellezza dello stare insieme. Ciò è possibile perché in dieci anni abbiamo incontrato persone, altre realtà con cui intrecciare di amicizia, diventando un gruppo numeroso e variegato, ‘colorato’ e dia-logante

Ciò che ha fatto la differenza è stato quel pri-missimo incontro di 10 anni fa tra persone di-verse, senza paure, ma desiderosi di cono-scersi, camminare insieme e dimostrare che è possibile. Ci auguriamo che la Festa dei popoli continui ad essere un’esperienza e una testi-monianza significativa di interazione.

Marianna

– 11 –

Laicato Saveriano
Novembre 2018
Parma
Notizie dalla Fraternità

Il 21 ottobre Abty si è sposata a Londra!! Vi ricordate?

Abty è una giovane donna mussulmana che ha vissuto con noi in Fraternità per tre anni, poi aveva deciso di andare a vivere a Londra per imparare bene l’ inglese e lì ha conosciuto un giovane giordano con il quale si è sposata.

Francesca era con lei, siamo molto molto contenti per lei e con lei. Abty è una bella persona, colta, intelli-gente e simpatica con la quale abbiamo fatto un’espe-rienza molto significativa: abbiamo condiviso due mondi, due religioni ma con un grande desiderio di volerci bene al di là della religione e della cultura di-versa, è stata una grande riicchezza per tutti noi.…..

Amara, papà di 3 bambini della Costa d’Avorio che ha vissuto con noi per quasi un anno, ha affittato una stanza con degli amici e in questi giorni si

è trasferito, un altro passo verso la sua auto-nomia.

Siamo contenti per lui, salutandoci ci ha rin-graziato tanto e si è molto commosso!

A volte non immaginiamo quanto l’amicizia sia così importante per chi vive lontano dai suoi affetti più cari.
Buon cammino Amara!

Giovanna

– 12 –

Laicato Saveriano Novembre 2018

Per nutrire la riflessione

Nei primi giorni della Convivenza Estiva p. Emilio Baldin ci ha proposto una riflessione su: “Il discer-nimento un cammino di libertà”. Partendo dalle slides usate durante i tre incontri, gentilmente la-sciate a nostra disposizione, cercherò di riproporre quanto esposto. Il testo non è stato rivisto da P. Emilio. Buona lettura …..Nando

Il termine discernimento dal greco dià-krisis e dal latino dis-cernere ha molti significati, qua-li: separare, dividere, distinguere, preferire, giudicare, scegliere per sé; in lingua cinese kiki assume due significati molto interessanti: opportunità e pericolo.

Il discernimento riguarda tutta la persona, quindi il suo sentire e pensare secondo “la carne” e il suo sentire e pensare secondo “lo spirito”; sentire e pensare secondo la carne è valutare la realtà a partire dai propri schemi e dalle proprie passioni invece sentire e pensare secondo lo spirito è lasciarsi illuminare e muo-vere dallo Spirito Santo.

Una strada, quella della carne, porta verso la complicazione e rende la vita difficile, carica di scontentezza ed infelicità; la strada dello Spiri-to è caratterizzata dalla semplicità e predispo-ne l’animo alla tranquillità e alla fiducia. Il termine complicato viene dal latino plica ( pie-ga ), infatti le complicazioni sono le mille pie-ghe che celano l’essenza delle cose, l’uomo si perde nei suoi labirinti interiori. Un cammino si semplicità porta l’uomo ad essere trasparente e schietto verso se stesso e verso gli altri.

Tutto viene vissuto sull’una o sull’altra strada grazie ai sentimenti che sono la forza e l’energia che si sprigionano dal nostro cuore. Essi sono la forma più elevata della sensibilità della persona. In lingua spagnola il sentimento

è detto afection che significa toccare od essere toccato nel profondo dell’essere.

I sentimenti sono stati interni che nascono da una relazione, da un evento interiore o este-riore che accadendo tocca. I sentimenti non sono né buoni, né cattivi e non abbiamo su di loro un controllo pieno, ma possiamo orientarli verso obiettivi legittimi ed opportuni.

Per orientare al bene i nostri sentimenti e le nostre relazioni bisogna essere disposti al cambiamento, la frase peggiore da dire è “ si è sempre fatto così”; il papa Giovanni Paolo I° ricordava una frase del suo parroco: “ Va certo che se un briciolino di tempo mi avanza, vo-lentieri lo spendo, nel poco che valgo, a sbu-giardare e distruggere quel “sempre si è fatto così”. Papa Francesco nella Evangelii gaudium. scrive: “ La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pasto-rale del “ si è fatto sempre così”. Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito

di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile ed i metodi evangelizzatori delle proprie co-munità”. Il primo sforzo di discernimento su cui impegnarsi è discernere il Dio di Gesù, il nostro San Guido Maria Conforti scriveva che “ il proposito che abbraccia tutti i propositi che si possono fare, non dovrebbe essere che quello di voler vedere Dio, amar Dio, cercare Dio in tutto”. Quindi l’incontro con Cristo ci deve portare alla conversione a suoi discepoli, che sperimentano la gioia della vita di comuni-tà e l’esigenza della

missione. Questo è un cammino di liberazione, invece a volte ci costruiamo un Dio a nostro piacimento, nascondendo tra le pieghe dei no-stri limiti umani la vera immagine di Dio.

Così inganniamo i nostri occhi e Dio ci può ap-parire in varie sembianze che poco hanno a che fare con la sua vera essenza: Dio assente e narcisista, Dio meschino, Dio schiavista, Dio gendarme, Dio parafulmine, Dio vitamina, Dio distributore automatico.

Per conoscere Dio ascoltiamo Gesù che parla a Dio e parla di Dio. Dio è una persona vivente con cui si può dialogare ( GV 17,6) ed è Padre (Lc 11,13 – Ef 3,15). Dio è un Padre che per-dona (Lc 15, 11–32) ed accoglie (GV 14,2), un Padre che sente nostalgia dei suoi figli .

Possiamo conoscere il cuore di una persona osservando come si comporta, così è per Dio: conosceremo il suo cuore nelle scelte di vita del figlio Gesù.

Gesù condivide la vita dell’uomo (Lc 2,52), è al sevizio degli altri (GV 13,2-20), stima e va-lorizza tutti (Gv cap. 4 – Mc 1,15-17), si schie-ra dalla parte degli oppressi (Lc 4,18-19), ama

i peccatori (Lc 19, 1-10 – Gv 8,3-11). L’essenza di Dio è l’amore e nella nostra rela-zione con Lui la paura non ha ragione di esse-re; insieme alla Chiesa noi crediamo di essere “figli amati”.

Concludendo prendiamo una frase dalla DA: “La vita nuova di Gesù Cristo tocca l’essere umano in modo integrale e sviluppa in pienez-za l’esistenza umana nella sua dimensione personale, familiare, sociale e culturale. La vita in Cristo cura, fortifica ed umanizza. Per-chè Lui è il vivente, che cammina al nostro fianco, manifestandoci il significato degli even-ti, del dolore e della morte, dell’allegria e della festa”.

– 13 –

Laicato Saveriano Novembre 2018

BACHECA

MISSIONARI IN PARTENZA

Il 13 novembre p Alberto Panichella è ritornato nel suo amato Brasile. Gli auguria-mo buona missione accanto al popolo brasiliano.

CONVIVENZA INVERNALE

La convivenza invernale sarà da giovedì 3 gennaio (sera) a domenica 6 gennaio (mattina)

ASPETTIAMO LE VOSTRE NOTIZIE E LE VOSTRE FOTO

Scrivete a: agendalaicisaveriani@gmail.com

Associazione “Laici Saveriani Ad Gentes” Organizzazione non lucrativa di utilità sociale – ONLUS Via Fra Acquaviva, 4 – 84135 Salerno – C.F. 95073720658

Per offerte e contributi:
C/C bancario intestato a: Associazione Laici Saveriani Ad Gentes – Onlus
IBAN: IT 59 L050 1803 4000 0000 0511 600 presso Banca Popolare Etica

C/C postale n. 12182317 intestato a Banca Popolare Etica

Causale: contributo su C/C 511600/J a favore di Associazione Laici Saveriani Ad Gentes – Onlus

– 14 –

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *