MISSIONARI TRA I POVERI – NOTIZIE DALLA THAILANDIA
P. Alessandro Brai, nel raccontarci la sua esperienza di missione, ci ricorda il vero significato dell’essere missionari e testimoni dell’amore di Dio.
Il mandato missionario di Gesù ci fa chiaramente capire che, in quanto missionari e inviati siamo chiamati ad annunciare la Buona Novella. L’obiettivo del nostro annuncio è far conoscere Cristo, soprattutto tra chi ancora non ne ha sentito parlare. I documenti della Chiesa, come poi quelli rispettivi di ogni Congregazione Missionaria, tra le quali, quella dei Missionari Saveriani, confermano quanto il Vangelo ci dice: “Andate in tutto il mondo ad annunciare la mia Parola”.
Questa certezza del mandato missionario mi ha fatto entrare un po’ in crisi, tanto da fare a me stesso alcune domande che ora rivolgo a voi; “sto forse sbagliando qualche cosa? Forse non sto compiendo il mio mandato missionario pienamente? Sono forse fuori dal carisma missionario? Sto omettendo la priorità del manda- to missionario che è annunciare?”
Provo a condividere con voi la mia esperienza, nella speranza di riuscire a trovare una risposta a queste domande, dubbi e perplessità.
Mi trovo in Tailandia da ormai 9 anni. Dopo lo studio della lingua (in realtà, sto ancora studiando questa lingua tanto difficile), come Missionari Saveriani, abbiamo dovuto fare una scelta legata al nostro campo di lavoro missionario, le modalità, la gente da servire, i bisogni della diocesi e le urgenze della società nel- la quale siamo stati accolti. Tenendo conto di tutti questi fattori e in confronto con la Chiesa locale, abbiamo fatto la scelta di aprire la nostra comunità saveriana nella più grande baraccopoli della capitale di Bangkok.
E’ in questa baraccopoli, che si chiama Khlong Toey, che insieme ad altri padri saveriani e giovani laici, tailandesi e non, che da più di 6 anni stiamo svolgendo il nostro servizio missionario. In questi 6 anni sono rare le volte in cui parliamo esplicitamente di Gesù o del Van- gelo. In tutto questo periodo non c’è stata neanche una conversione da parte delle gente che quotidianamente stiamo servendo. A parte l’interesse di alcuni, proprio pochi, che desiderano conoscere qualche cosa in più sulla nostra fede, mai nessuno ha espresso il desiderio di fare un cammino di catechesi in vista di una possibile scelta.
Cosa facciamo allora qui? E come mai continuiamo a restare ancora qui, nonostante i risultati apparentemente deludenti, per non dire pessimi, se teniamo conto della priorità dell’annuncio?
Fin dall’inizio del nostro arrivo, come comunità ci siamo detti che la nostra priorità è la visita e la vicinanza con gli ultimi della società, i poveri, gli ammalati, gli abbandonati, i bambini lasciati a se stessi, i drogati, i carcerati. Insomma quelli che la società in un modo o in un altro ha un po’ escluso o la gente che per tanti motivi, a volte involontariamente, si trova a vivere situazioni che spesso non possono essere considerate umane. Il nostro impegno principale è quindi quello di donare il TEMPO che noi dedichiamo a queste persone che per noi rappresentano Gesù Cristo che stiamo servendo. Il tempo che noi stiamo con loro vuole essere segno del nostro affetto, vicinanza e sostegno. Il tempo fa sentire loro che non sono soli, ma c’è qualcuno che cammina con loro, soffre con loro e cerca di aiutarli a lottare per un futuro migliore.
Nei discorsi durante le nostre visite quotidiane, il nome Gesù viene pronunciato poche volte, ma quello che cerchiamo di fare, molto umilmente, è di condividere la nostra vita che è un dono, perché viene da Dio e come tale, merita di essere vissuta al meglio. La parola che usiamo più spesso nelle nostre conversazioni è “coraggio”. Non siamo mai soli, soprattutto, in condizioni di difficoltà c’è sempre qualcuno che il Signore mette lungo il nostro cammino che è segno di speranza.
Tra le persone che incontriamo più spesso, i bambini sono certamente quelli che più di tutti hanno bisogno di un aiuto per un futuro migliore. Attraverso assistenti sociali, collaboratori, organizzazioni religiose e statali, stiamo cercando di dare un’opportunità a tanti bambini privati dei loro genitori, del loro tempo libero, del loro diritto allo studio e di un’infanzia che tutti i bambini dovrebbero avere.
Questa è la risposta alle domande, dubbi e perplessità iniziali. La risposta è la nostra vita, dove nella semplicità (abbiamo deciso di vivere vicino ai poveri), sentiamo che pur non predicando, pur non annunciando esplicita- mente la Parola di Dio, Gesù è in mezzo a noi. Si, Gesù è presente nei nostri incontri quotidiani con la gente, Gesù è presente quando ci troviamo ad affrontare casi veramente difficili.
La nostra giornata in comunità inizia e finisce con la preghiera comunitaria dove, religiosi e laici, mettiamo tutto nelle mani di Dio, il lavoro che iniziamo la mattina e i volti e i nomi della povera gente che incontriamo ogni giorno li e sofferenti di bambini e ammalati che accompagniamo.
Essere qui per servire la gente che il Signore ha messo lungo il nostro cammino è un dono, una benedizione che ci fa sentire collaboratori del mandato missionario, che Gesù stesso ha ricevuto dal Padre, che è quello di portare la Sua Parola in tutto il mondo.
Buona missione a tutti