Riportiamo una riflessione di Betty, sull’esperienza vissuta con il festival della missione “dalla parte degli organizzatori”
Festival della missione: 29 settembre – 2 Ottobre 2022…Quando guardo le date mi rendo conto che il festival è già passato: incredibile, lo abbiamo già vissuto! Come spesso succede quando sei preso dal fare ed organizzare, l’evento nella sua globalità non lo vivi appieno: non riesci a sederti ed ascoltare i vari interventi o ascoltare un concerto.
Stare dietro le quinte però mi ha regalato la possibilità di ascoltare i suoni del festival ed anche i silenzi, ovvero di incontrare le persone “fuori dal palco” e di dedicare tempo all’incontro.
Ho ascoltato suoni senza poter vedere da dove provenivano, ma conoscendo il luogo ed il contesto da dove erano originati. Come ad esempio quello dei popoli amazzonici
Ho conosciuto le persone “fuori dal palco”.
Cosa è quindi stato il festival per me? Lo riassumo in 4 parole: cura, vita, pluralità, incontro.
I contenuti proposti hanno fatto emergere la pluralità della missione, e quando ogni singolarità mette cura e vita in quanto fa, nasce un incontro che è dono reciproco.
La cura: curare i percorsi, i contenuti, le relazioni vuol dire uscire dai ritmi frenetici ed entrare nel lato lento della vita. La cura richiede tempo e pazienza: direi che per i milanesi che corrono sempre è stato un bell’esercizio sulla gestione del tempo. La cura è ascolto, è attenzione in quello che fai che dici e che vivi.
La pluralità: quanti volti incontrati e quante vite spese su realtà diverse, ognuna che parla di vangelo e di fede. Quante piccole gocce che innaffiano le aridità del mondo, quanta capacità di stare vicino alle povertà, quanti carismi e quanti modi diversi di impegnarsi e di vivere quel mandato ricevuto da Gesù. Impegno politico, sociale, vicinanza agi ultimi, difesa della pace, dei diritti e dell’ambiente, come consacrato, laico, come istituzione, come organizzazione, come istituto, come parrocchia. Pluralità di età: da 0 a XX anni.
L’incontro che fa rete: abbiamo imparato a ricevere doni e a metterli a disposizione. Abbiamo scoperto che il noi è l’energia che Dio creando la chiesa ci ha donato; qui lo Spirito soffia più forte e con venti diversi.
E’ come quando in un locale, in casa apri più finestre invece che una: l’aria che soffia in diverse direzioni apre altre porte e finestre con energia, se sei in mezzo ti colpisce e ti smuove, a volte (come succede alle porte) anche facendoti sbattere. Ho visto tante porte chiudersi con il vento che soffiava, ma tante e tante mani che con pazienza andavano a riaprirle perché ancora di più la brezza dello spirito potesse toccarci.
Ho incontrato una Chiesa gioiosa, paziente, capace di guardarsi attorno, di avere il coraggio della denuncia, consapevole che là dove Lui mi manda forse non mi aspettano, non mi hanno chiesto, ma so starci con lo stile del Vangelo. Ho visto tanti modi concreti di poter essere chiesa sinodale.
Vita: il cardinale Tettamanzi a ottobre 2021 ha annunciato il festival dicendo: “Milano svegliati, vivi!”
Un invito che potremmo rivolgere a tante nostre realtà: Svegliati! Vivi! Il festival mi ha proprio donato questo: mi ha dato una svegliata e mi ha detto vivi, ma non vivacchia, vivi. Quanti esempi di vita, ma VITA VISSUTA, di vita donata…quanti stimoli, quanta gioia! Ed ora che siamo desti, avanti tutta…AD GENTES, nella famiglia che si chiama mondo, dove la carità di Cristo ci spinge.
Elisabetta Grimoldi