La semplicità della missione

Scrivere della Missione mi mette sempre in difficoltà, non ci sono storie eclatanti da raccontare, come in quei romanzi di avventura che ti tengono incollato fino all’ultima riga. Qui la vita è piuttosto semplice. Alla Missione dopo le vacanze di fine anno sono tornati i bambini, e al momento sono in 16, più i grandicelli che li aiutano a studiare e collaborano nella gestione della Missione.

L’altra settimana è stato il momento di potare le piante di cocco, per cui tutti i bambini si sono datti da fare per spostare i rami potati, farne un mucchio e approfittarne per giocare, facendo della montagnetta di rami uno scivolo o un trampolino per le capriole.

Il nostro lavoro procede. L’ambulatorio al SAMS è stato arredato con un lettino per le visite. Ma l’ambulatorio non ci risparmia dal fare visite nei luoghi più impensati. Così vicino al porticciolo di Nildumur incontriamo un i paziente Koira, cui era stata diagnosticata la lebbra. Andiamo lì al mattino presto per evitargli almeno una parte di strada. Lo incontriamo in un negozietto che vende tè e snack. Intanto che parliamo con lui gli altri avventori fanno domande a Patrick, che dà indicazioni sul dove eventualmente venire per una visita.

I medical camp nei villaggi sono sempre abbastanza partecipati. Per noi sono l’occasione per scoprire nuovi villaggi o tornare in luoghi già noti. Man mano che ci addentriamo nelle periferie, le strade sono più dissestate, per lo più si tratta di strade mattonate o sterrate, intorno anche le abitazioni sono costruite secondo il metodo tradizionale, con pareti di fango e il tetto in ondulato metallico o paglia. La natura è rigogliosa e ci sono animali in giro un po’ dovunque.

progetto sostenuto da Nuovi Spazi al Servire ong onlus e Laicato Saveriano

Facciamo un medical camp a Kalinchi. Qui incontriamo Oporna e la sua famiglia. E’ una delle ragazze che erano alla Missione nel 2017. Il medical camp lo facciamo a casa sua. I suoi hanno un piccolo resort lungo il fiume, che però ha subito dei danni con l’ultimo ciclone. Infatti, il gazebo che affacciava sul fiume e la relativa passerella sono stati spazzati via, così Patrick ne approfitta per esibirsi in un esercizio alla trave.

Io intanto intrattengo conversazione con un anziano del villaggio, mi dice che in 90 anni di vita non ha mai fatto una iniezione.

Dopo il medical camp ci fermiamo a pranzo con la famiglia di Oporna. Un lauto pranzo e 4 chiacchiere in amicizia (almeno per chi parla la lingua).

Il 26/1 ricorre la giornata mondiale per la eliminazione della Lebbra L’ambasciatore della WHO per la giornata del 2025, Yoehi Sasakawa nel suo messaggio scrive: La lebbra, una malattia antica, è causata da batteri ed è solo lievemente infettiva. Grazie alla terapia multidrug (MDT) introdotta negli anni ’80, è diventata trattabile, portando a una drastica riduzione dei casi: da 5 milioni negli anni ’80 a meno di 200.000 oggi. Entro il 2000, la lebbra è stata eliminata come problema di salute pubblica a livello globale.

Tuttavia, persistono difficoltà: l’accesso alle cure è stato ostacolato dalla pandemia di COVID-19, molti pazienti vivono con disabilità permanenti, e pregiudizi e disinformazione alimentano la discriminazione, spingendo alcuni a evitare le cure o a riceverle in ritardo.

In occasione della Giornata Mondiale della Lebbra 2025, uniamoci sotto il motto dell’OMS

Verso Zero Lebbra= per combattere stigma e trascuratezza, garantendo cure e supporto a chi ne ha bisogno. Non dimentichiamo la lebbra.

Franca Rivolta

 

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