Il Laicato Saveriano di Salerno che fa parte del coordinamento “sognare la pace” ha collaborato e partecipato a questo importante avvenimento di pace e preghiera
La Speranza della Pace: Riflessione e Preghiera davanti alla Luce di Betlemme
Venerdì 17 gennaio 2025 si è tenuto un incontro di riflessione e preghiera davanti alla Luce della Pace di Betlemme. Il tema, “La Speranza della Pace”, ha coniugato il desiderio profondo di speranza, pilastro del Giubileo, con quello della pace, particolarmente sentito in questo momento storico.
L’evento, promosso dall’Azione Cattolica e organizzato in collaborazione con il Coordinamento “Sognare la Pace”, ha rappresentato l’apice di un percorso di sensibilizzazione e condivisione avviato nelle settimane precedenti. La Luce della Pace di Betlemme, accesa ogni anno nella Grotta della Natività e diffusa in tutto il mondo, è giunta anche a Salerno grazie all’impegno di associazioni e comunità locali. Questo simbolo universale di unità e riconciliazione è stato accompagnato da momenti di preghiera, solidarietà e condivisione spirituale.
Un cammino di testimonianza e preghiera
L’incontro è stato caratterizzato da una commistione di momenti di testimonianza diretta dei partecipanti, letture tratte dai testi di Papa Francesco, Chiara Lubich e don Tonino Bello, e canti che hanno arricchito l’atmosfera di silenzio e raccoglimento. L’intervento iniziale di Silvio Cossa responsabile della comunità Bahá’í di Salerno ha delineato il significato dell’iniziativa, inquadrandola nel contesto delle attività promosse dalla rete “Sognare la Pace”. Una rete di gruppi e associazioni interculturale e intereligioso impegnati nell’educazione alla pace secondo le chiavi: pace, giustizia, democrazia, cura del pianeta, fratellanza e spiritualità
Durante la serata, è stato letto un passo del profeta Isaia:
“Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra” (Is 2,4).
Questo brano ha ispirato una riflessione collettiva su cosa significhi oggi “salire sul monte del Signore”: abbandonare la logica del profitto e della guerra, per abbracciare quella della giustizia, dell’accoglienza e della solidarietà. La visione profetica di Isaia, di un mondo in cui gli strumenti di morte vengono trasformati in strumenti di vita, è stata interpretata come un grido di speranza e un’esortazione a costruire ponti, non muri.
Una rivoluzione etica per un mondo di pace
Padre Rosario Giannattasio, rettore della Casa Saveriana di Salerno, ha commentato il messaggio di Isaia sottolineando l’urgenza di smettere di imparare “l’arte della guerra” e di investire invece nella giustizia sociale, nell’istruzione e nell’accoglienza. Ha ribadito che la pace non è un’utopia, ma una scelta concreta che richiede un cambiamento radicale.
l canto Evenu Shalom Alehem è stato intonato come ritornello alle preghiere dei fedeli. Questo gesto ha espresso il desiderio di pace per una terra lacerata dai conflitti, richiamandoci all’impegno di costruire ponti di riconciliazione e speranza. La melodia ha unito le voci, trasformando la preghiera in un segno di fraternità universale.
In questo clima, il canto suonato e cantato dal parroco don Gerardo ha rappresentato un momento suggestivo di ulteriore riflessione. Ecco il testo del canto di Giombini:
Ho lottato tanto in questo giorno… ho sofferto tanto in questo giorno… ne ho sentite tante, ne ho vedute tante in questo giorno…
Ma ora voglio addormentarmi fra le tue braccia, o Signore, sicuro che domani, che domani sarà un giorno migliore. Non c’è stato amore in questo giorno… non c’è stata pace in questo giorno… hanno pianto tanti, sono morti tanti in questo giorno.
La riflessione di Chiara Lubich sulla pace interiore e l’impegno per la riconciliazione ha offerto ulteriore profondità al tema. «La pace interiore è frutto dello Spirito Santo. La pace è il regno di Dio, nell’amore e nel gaudio. È il possesso di Dio in fondo all’anima», scriveva Chiara Lubich, invitando a riconoscere che l’impetuosità e l’agitazione non possono coesistere con una vera pace interiore. Questo invito a coltivare una pace profonda in sé stessi è stato interpretato come un passo necessario per diventare veri operatori di pace nel mondo.
Lubich esortava a vivere con dolcezza, a non ferire e a non giudicare, ma a perdonare e giustificare. Un messaggio che si collega profondamente alla simbologia della Luce della Pace di Betlemme: un richiamo alla riconciliazione, alla comprensione e all’unità. Come ricordato durante la serata, «I pacifici sono propriamente i facitori di unità», coloro che, come Gesù, lavorano per ristabilire l’unità degli uomini con Dio e tra di loro.
Questa riflessione ha reso ancora più evidente quanto sia urgente custodire la pace interiore per poterla trasmettere agli altri. Come diceva Chiara Lubich, «Quando si possiede la pace, al punto di comunicarla agli altri anche inavvertitamente, allora sarà riconosciuto all’esterno di noi Gesù, il Figlio di Dio, che vive in noi». Un invito che ha risuonato come una chiamata personale a ogni partecipante, per diventare costruttori di pace nelle proprie comunità.
La preghiera, infine, di don Tonino bello ci ha ricordato che la pace è frutto della giustizia e si costruisce nella rinuncia alla violenza, nell’ascolto reciproco e nell’amore. È un cammino che richiede impegno quotidiano, perché non si tratta solo di assenza di guerra, ma della capacità di perdonare, amare e costruire insieme per un mondo migliore.
Claudio Condorelli