Sole sul tetto dei palazzi in costruzione Sole che batte sul campo di pallone
E terra e polvere che tira vento e poi magari piove
Nino cammina che sembra un uomo con le scarpette di gomma dura
Dodici anni e il cuore pieno di paura.
Il ragazzo si farà anche se ha le spalle strette…
Per descrivere parte delle emozioni vissute nel viaggio dello scorso ottobre in Marocco, ho preso in prestito parole da questa famosa canzone di Francesco De Gregori. In questi mesi, infatti, ripensando ai volti dei ragazzi di strada di Tangeri, non ho potuto fare a meno di canticchiare questi versi e rievocare le immagini e le sensazioni.
A differenza dello scorso anno, ad ottobre con Roberta e Marta abbiamo avuto la possibilità di passare diverse giornate con questi ragazzi ed il gioco del pallone è stato un costante e potente strumento di relazione.
Di palazzi in costruzione ce ne sono veramente tanti a Tangeri, segnale di uno sviluppo economico evidente ma purtroppo non sempre equo. E quanti ragazzi cresciuti troppo in fretta e che sembrano uomini trascorrono le loro giornate con il cuore pieno di paura.E non manca nemmeno il sole che batte su questi palazzi e sui numerosi campi di calcio, veri o improvvisati, della città. Penso al Centro delle Suore di Madre Teresa dove il salone dei giochi da tavolo si trasforma improvvisamente un campo di gioco dove le ciabatte servono a delimitare i pali di una porta immaginaria. I ragazzi, in attesa di fare la doccia settimanale, danno vita ad interminabili sfide in due contro due con un pallone di pezza o di spugna. E mentre Mohammed e Abdellah si dribblano ripetutamente a vicenda, nell’altra stanza noi volontari cerchiamo di dribblare e intercettare i pidocchi nei capelli appena lavati.
Oppure al Glorium Center dove una volta la settimana i ragazzi possono giocare su un meraviglioso campo di calcio a 5 in erba sintetica con completi e palloni ufficiali. Gli educatori del Faro si improvvisano allenatori e al tempo stesso giocatori per coinvolgere tutti. Il risultato è oltre ogni immaginazione, in pochi mesi i progressi sono stati evidenti, i ragazzi corrono e giocano di squadra e rendono la partita avvincente fino all’ultimo minuto.
E per finire anche al Faro dove il gioco del pallone non sarebbe permesso ma, appena c’è una pausa, ritorna prepotentemente fuori fino al triplice fischio finale rappresentato dal bonario richiamo degli operatori.
Il ragazzo si farà
Anche se ha le spalle strette Quest’altr’anno giocherà
Con la maglia numero 7
La canzone termina con un messaggio fiducioso sul futuro di Nino, (il ragazzo si farà) ed è l’augurio che con tutto il cuore facciamo a ciascuno dei “nostri ragazzi” che si chiamino Mohamed, Zakaria o Ibrahim. Perché ognuno di loro possa avere la possibilità di crescere e realizzare quelli che saranno i loro sogni.
Simone Breccia