Come sosteneva Matta el Meskin, il grande monaco copto scomparso qualche anno fa: più i cristiani saranno fedeli al Vangelo, più facilmente si incontreranno e troveranno unità e comunione. La troveranno nel loro Signore, guidati dallo Spirito nella pratica quotidiana del Vangelo.
Possiamo allora dire, parafrasando la bella espressione della costituzione conciliare Gaudium et spes: uniti nell’essenziale, liberi nelle cose dubbie, diversi nell’esprimere in molteplicità di forme lo stesso vangelo (n. 92).
Come spiegò, definitivamente, Giovanni Paolo II nell’Ut unum sint: «L’ecumenismo, il movimento a favore dell’unità dei cristiani, non è soltanto una qualche appendice che si aggiunge all’attività tradizionale della Chiesa. Non si tratta di rinunciare agli altri segmenti del dialogo, ciascuno dei quali ha il suo senso e la sua funzione: ma, qoheleticamente, ogni cosa ha il suo tempo, e questo è in primo luogo il tempo del servizio a migranti globali, uomini e donne che bussano alle nostre porte. Anche a quelle delle chiese, delle moschee, delle sinagoghe, e di ogni altra casa di Dio.
(tratto dall’articolo di Brunetto Salvarani in www.settimananews.it vedi l’intero articolo in http://www.settimananews.it/ecumenismo-dialogo/futuro-del-dialogo-ecumenico/ )