agenda luglio 2019

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Le Parole del Padre

 

Povertà, fondamento della fraternità

 

Gesù non ha voluto che dicessimo “Padre mio”, ma bensì Padre nostro. Ed in questo luogo il pronome “nostro” è la parola dell’amore di chi sente di non bastare a se stesso: e ne può sentire la dolcezza solamente chi ama, chi sa quanto è bello un sorriso che risponde sinceramente ad un altro sorriso. Io e mio, sono parole di chi crede d’essere al mondo quasi solo; ma di-nanzi al supremo Signore chi può dire “io” senza aggiungere che per sé egli è nulla? Nella parola “nostro” invece è gioia.

Omelia Parma 14 gennaio 1917

Il Signore ha chiamato beati i poveri di spirito e con questo ci ha svelato il segreto della vera felicità. Lo scontento affligge il mondo perché esso è dominato dalla cupidigia. L’uomo che pos-siede, più vorrebbe possedere e non s’accorge che i beni dellaterra, anziché saziare le brame del suo cuore, ne acuiscono la febbre rendendolo vieppiù infelice. Se un uomo riuscisse a conquistare anche tutto il mondo, ancora sentirebbe il desiderio di altri mondi ancora da conquistare e penserebbe forse a dare la scalata agli astri per impossessarsene

 

Ce lo conferma il più sapiente dei mortali che dopo di aver sperimentato quanto di gioie potesse provare il suo cuore, ebbe ad esclamare nell’amarezza del disinganno che tutto è vanità delle vanità ed afflizione di spirito. Solo chi ha scelto Dio per sua porzione ed eredità, si sente felice anche nella privazione di ogni cosa terrena perché possiede quell’unico Bene che solo può rendere paghe le im-mense brame del nostro cuore. La ricca povertà del Vangelo è la liberazione da ogni schiavitù e la conquista di quella piena libertà di spirito, senza della quale non si concepisce felicità degna vera-mente di questo nome. San Francesco d’Assisi, il grande Patriarca dei poveri, e nel tempo stesso ilgiullare di Dio, che non cape in se stesso per la gioia, che di continuo gl’inonda il cuore, ci dice coll’eloquenza del fatto che a chi possiede il sommo bene nulla manca.

 

 

Per quanto la Chiesa, volendoci descrivere i meriti e

la gloria dei santi che ci hanno preceduto nelle lotte

della vita, ci dice di essi che non hanno poste le loro       –

speranze nel danaro e nelle ricchezze. Con queste

parole, che equivalgono al più splendido degli elogi,

vuol farci comprendere che il Paradiso non è altro

che la beatitudine dei poveri, dei quali Dio è diventato

la ricchezza infinita.        –              –

Parma gennaio 1929

 

Amazzonia

 

Nuovi Cammini per la Chiesa e per un’ecologia integrale

 

Pubblichiamo in questo numero di Agenda la seconda parte dell’articolo scritto da Alberto Chiappari, dell’equipe America latina, sul prossimo sinodo dedicato all’Amazzonia e che apre una finestra di riflessione sui nostri stili di vita.

 

 

 

Nella L’annuncio del Vangelo in Amaz-zonia acquisisce una dimensione sociale, eco-logica ed una dimensione ecclesiale-missionaria che non possono essere disgiunte fra loro.

 

L’ecologia integrale di cui parla Fran-cesco è un paradigma relazionale che articola fra loro i vincoli fondamentali che rendono possibile un vero sviluppo. In particolare c’è un vincolo intrinseco fra l’elemento sociale e l’elemento ambientale.

 

 

Soltanto quando saremo coscienti di come il nostro stile di vita e il nostro modo di produr-re, commerciare, consumare e scartare in-fluenzano la vita del nostro ambiente e delle nostre società, allora potremo avviare un cambiamento di rotta integrale.

 

“Si fa strada l’esigenza di un consenso intorno a un’agenda minima: sviluppo integra-le e sostenibile, …che include allevamento e agricoltura sostenibili, energia non contamina-ta, rispetto delle identità e dei diritti dei popoli tradizionali, acqua potabile per tutti”. Si tratta di temi fondamentali spesso assenti in Pana-mazzonia.

 

Riprendendo l’Enciclica Laudatosi’, il documen-to ci invita ad una conversione ecologica che esige uno stile di vita nuovo. L’orizzonte di ri-ferimento è rappresentato dall’altro. Si deve

 

praticare la solidarietà globale e superare l’individualismo, dischiudere cammini nuovi di libertà, verità e bellezza. La conversione do-manda di liberarci dall’ossessione del consu-mo. Comprare è un atto morale, non solo economico. La conversione ecologica significa assumere la mistica dell’interconnessione e dell’interdipendenza di tutto il creato. La gra-tuità non può che imporsi nei nostri compor-tamenti quando comprendiamo che la vita è dono di Dio.

 

Anche l’universalità o cattolicità della Chiesa si trova dunque arricchita mediante «la bellezza di un volto pluriforme». La Chiesa è chiamata ad approfondire la sua identità met-tendosi in relazione con le realtà dei territori in cui vive e ad accrescere la propria spiritualità ponendosi in ascolto della saggezza dei popoli che la compongono. Per questo motivo, l’Assemblea Speciale per la Regione Panamaz-zonica è chiamata a individuare nuovi cam-mini per far crescere il volto amazzonico della Chiesa e anche per rispondere alle situa-zioni di ingiustizia della regione, come il neo-colonialismo delle industrie estrattive, i pro-getti infrastrutturali che danneggiano la biodi-versità e l’imposizione di modelli culturali ed economici estranei alla vita dei popoli.

La pastorale ora non riesce a garantire che una presenza precaria. E’ necessaria una maggiore presenza ecclesiale, per poter ri-spondere a tutto ciò che è specifico di questa regione a partire dai valori del Vangelo, aven-do consapevolezza, fra l’altro, dell’immensa estensione geografica, tante volte di difficile accesso, della grande diversità culturale e del forte influsso esercitato da interessi nazionali e internazionali in cerca di un arricchimento e-conomico facile attraverso le risorse presenti nella regione.

La Chiesa dal volto amazzonico deve «ricercare un modello di sviluppo alternativo, integrale e solidale, fondato su un’etica atten-ta alla responsabilità per un’autentica ecologia naturale e umana, che sia radicata nel Vange-lo della giustizia, nella solidarietà e nella de-

 

 

 

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stinazione universale dei beni; che superi la logica utilitarista ed individualista, che rifiuta di sottoporre ai criteri etici i poteri economici e tecnologici» (DAp 474, c). Pertanto, è neces-sario incoraggiare tutto il Popolo di Dio a par-tecipare alla missione di Cristo, Sacerdote, Profeta e Re (cf. LG 9), e a non rimanere indif-ferente di fronte alle ingiustizie della regione per poter individuare, in ascolto dello Spirito, gli auspicati nuovi cammini.

 

Questi nuovi cammini permetteranno di approfondire il «processo di inculturazione» che domanda alla Chiesa amazzonica di avan-zare proposte «coraggiose», fatte con «auda-cia» e «senza paura». Il profilo profetico della Chiesa si mostra oggi attraverso il suo profilo ministeriale partecipativo, capace di rendere i popoli indigeni e le comunità amazzoniche i principali interlocutori all’interno di tutte le questioni pastorali e socio-ambientali del terri-torio.

 

Per questo è urgente valutare e ripen-sare i ministeri che oggi sono necessari per rispondere agli obiettivi di «una Chiesa con un volto amazzonico e una Chiesa con un volto indigeno» (Fr. PM). In questa linea, occorre

 

 

 

 

individuare quale tipo di ministero ufficiale possa essere conferito alla donna, tenendo conto del ruolo centrale che esse rivestono oggi nella Chiesa amazzonica. È altresì neces-sario sostenere il clero indigeno e nativo del territorio, valorizzandone l’identità culturale e i valori propri. Infine, bisogna progettare nuovi cammini affinché il Popolo di Dio possa avere un accesso migliore e frequente all’Eucaristia, centro della vita cristiana (cf. DAp 251).

 

Siamo chiamati come Chiesa a rafforzare il protagonismo dei popoli: abbiamo bisogno di una spiritualità in-terculturale che ci aiuti a interagire con le diversità dei popoli e con le loro tradi-zioni. Dobbiamo aggregare le forze per prenderci insieme cura della nostra Casa Comune.

 

C’è bisogno di una spiritualità di comunione fra i missionari autoctoni e quelli che vengono da fuori, una spiri-tualità con lo stile di Gesù: semplice, umano, dialogante, samaritano, che permetta di celebrare la vita, la liturgia, l’Eucaristia, le feste, sempre rispettando i ritmi propri di ogni popolo.

 

In conclusione il documento ricorda le parole di Papa Francesco, “vorremmo chiedere, per favore, a tutti coloro che occupano ruoli di responsabilità in ambito economico, politico o sociale, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà: siamo “custodi” della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro, dell’ambiente; non lasciamo che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo» (Francesco, Omelia nella Messa di inizio del ministero petrino, 19.III.2013)..

 

Alberto Chiappari

 

Bangladesh

 

Lettera delle ragazze munda in visita in Italia

 

Nel periodo tra maggio e giugno scorso p. Luigi Paggi, saveriano in Bangladesh e amico di Franca e Patrick che hanno collaborato con lui durante il loro periodo di missione, è stato alcune settimane in Italia e con sè ha portato tre delle ragazze munda che vivono in comunità con lui.

 

Insieme hanno incontrato anche i nostri gruppi di laicato sparsi per l’Italia e al termine del loro viaggio le tre ragazze hanno voluto scrivere un piccolo articolo che abbiamo il piacere di condividere anche su agenda.

 

Cari Lettori,

 

questo articolo è stato scritto da noi, le tre giovani signore Munda che sono state abbastanza fortunate da passare u mese in Italia, dal 18 maggio al 19 giugno 2019.

 

E’ un dato di fatto che poco dopo l’atterraggio a Milano Malpensa abbiamo raggiunto la casa di P. Luigi a Dascio (Sorico) e lì ci aspettava una torta… con “BENVENUTE IN ITALIA!” scritto sopra…

 

Veramente sentiamo che non avremmo potuto avere un trattamento più amichevole, per tutto il nostro soggiorno!

 

Avremmo un sacco di cose da raccontare sul nostro soggiorno in questo bellissimo Paese: diremo solo alcune cose in merito a:

 

–              I posti dove siamo state

–              Cosa abbiamo fatto

–              Le persone che abbiamo incontrato

 

–              Cosa ci è piaciuto e cosa no.

 

Ma soprattutto vogliamo esprimere la nostra gratitudine a P. Luigi e a tutti i nostro Amici Italiani!

 

Minoti, Bahamoni e Oporna Munda

 

 

 

 

Partiamo con i posti che abbiamo visitato: abbiamo esplorato l’Italia da Nord a Sud. Dopo aver passato il primo fine settimana a casa di P. Luigi siamo andate a Roma con il treno Freccia Rossa, ad altissima velocità: in tre ore abbiamo raggiunto la Città Eterna, ma sfortunatamente non abbiamo potuto vedere molto di Roma perché ha piovuto per la maggior parte del tempo. Ma abbiamo potuto vedere alcune rovine, il famoso Colosseo e Piazza San Pietro con la enorme Cattedrale, il centro della Cristianità.

 

Da Roma, sempre in treno, ci siamo dirette verso il Sud e ci siamo fermate a Salerno.

 

Da Salerno siamo salite a Napoli per incontrare Pina, una nostra buona amica che più volte ci aveva invitate per vedere la più bella città del mondo (siamo d’accordo con lei!). Per mancanza di tempo non abbiamo potuto vedere molto della più bella città del mondo, ma siamo state felici di incontrare i genitori e i parenti di Pina e di godere della loro calda ospitalità.

 

Poi da Napoli siamo andate ad Ancona… dove abbiamo potuto vedere il mare di nuovo e per molte miglia abbiamo viaggiato lungo la spiaggia, che era ancora vuota… nuotatori e amanti dei bagni di sole ancora non erano arrivati perché il tempo non era buono.

 

Siamo state una notte ad Ancona poi il giorno dopo siamo partite per Parma, dove abbiamo visitato la Casa Madre dei Missionari Saveriani e dove molti dei Padri che lavorano in Bangladesh si preparano per la loro vita missionaria. La casa Madre è una costruzione veramente impressionante.

 

La nostra meraviglia circa l’Italia Centrale e del Sud non era finita… da Parma siamo andate con Patrick e Franca, del Laicato Saveriano, a visitare antichi castelli nella loro regione, e poi a Bordonchio dove c’era un raduno di persone che supportano diversi gruppi missionari che lavorano in Bangladesh.

 

Poi siamo tornate indietro alla casa di P. Luigi a Sorico, e da lì siamo state invitate a incontrare diversi gruppi interessati a noi ed

 

alla nostra gente Munda. Abbiamo avuto inviti quasi ogni sera, nei seguenti posti: Chiavenna, Somaggia, Ponchiera, Triangia, Mossini, Sondrio, Talamona, e infine c’è stata una grande festa in Sorico.

 

Quasi dappertutto, ai nostri discorsi ha fatto seguito una danza tribale eseguita da Bahamoni e Oporna, che è stata molto apprezzata dal pubblico.

 

Gli ultimi giorni del nostro soggiorno, “Nonna” Lucia [Pedeferri] ci ha portato in giro per Milano dove abbiamo potuto vedere i Duomo ed altri importanti luoghi.

 

E con Don Giuseppe abbiamo potuto goderci due giornate piene in montagna, dove abbiamo potuto provare se la neve è fredda o calda.

 

Cosa abbiamo fatto un intero mese in Italia?

 

Non abbiamo lavorato molto… gli altri si sono dati un sacco da fare per noi. Ci hanno portato in giro, mostrandoci molti posti splendidi, ci hanno invitato a pranzo e a cena, ci hanno fatto regali, ci hanno dato moltissimo TLC (tenere ed amorevoli cure) e così via… il nostro unico lavoro è stato incontrare gente la sera ed informarla sui Tribali Munda e sulla cattiva tradizione del matrimonio precoce, sui nostri sforzi per mettervi fine e sui nostri tentativi di portare qualche tipo di promozione sociale e di sviluppo umano tra le nostre madri e sorelle. Per tutti questi incontri siamo stati aiutati da simpatiche presentazioni video, preparate dagli “zii” Dino e Lella.

 

Con chi ci siamo incontrate? Abbiamo incontrato un sacco di gente… (…)

 

La principale ragione per meravigliarsi, specialmente nel Sud Italia, è stato di incontrare così tante persone che sono membri del Laicato Saveriano. Questo movimento che è nato diversi anni fa

 

tra i laici italiani che vorrebbero essere coinvolti nelle attività missionarie e di aiutare i Missionari Saveriani sparsi per il mondo. Abbiamo incontrato gruppi del Laicato di Salerno, Ancona, Parma e Desio, e gruppi Missionari di Forlì, Chiavenna, Ponchiera, Talamona e Sorico. Siamo state molto impressionate da questo zelo missionario.

 

Abbiamo potuto visitare anche la tomba di un grande amico di P. Luigi, e sostenitore del suo lavoro in

 

Bangladesh, il fu Eugenio Bordoni, e abbiamo pregato per la sua pace eterna.

 

Cosa ci è piaciuto, durante il nostro soggiorno in Italia?

 

–              la bellezza delle montagne

 

–              l’efficienza del trasporto pubblico

–              la puntualità della gente

–              la disciplina sulle strade

 

–              la pulizia ovunque

–              la socievolezza della gente

–              la varietà di cibi

 

Cosa non ci è piaciuto?

–              i giovani indossano vestiti strappati

 

–              ragazze e ragazzi vestono in modo indecente

 

–              l’assenza di giovani agli incontri

 

–              la notizia che molti giovani sono dipendenti da droghe, e commettono suicidio

 

Cosa abbiamo capito?

 

–              che l’Italia è così ben sviluppata perché c’è l’uguaglianza tra uomini e donne

 

–              che niente si può avere senza un duro lavoro

 

–              che lo sviluppo sociale e la promozione umana sono impossibili senza formazione scolastica

 

–              infine, che il tempo è prezioso: se lo sprechiamo, un sacco di grandi opportunità verranno perse.

 

“Se la vita è un viaggio, coloro i quali vi si impegnano vivono due volte” (Omar Khayyam, poeta Iraniano)

 

 

Minoti, Bahamoni e Oporna Munda

 

Vita di Famiglia

 

 

Salerno

 

UNITI NELLA DIVERSITÀ

Il Gran Gala dei Popoli in attesa della XI Festa dei Popoli Salerno…

 

 

Giovedì Una esperienza nuova che nasce dal cammino di conoscenza reciproca tra le diverse comu-nità straniere presenti a Salerno e dal desiderio che queste hanno di presentarsi alla comunità citta-dina e di sentirsene parte.

 

Dopo aver riscosso, per oltre una settimana, complimenti e positivissimi commenti sull’iniziativa promossa dalla Consulta Festa dei Popoli di Salerno, siamo qui a condivide-re sui mezzi di comunicazione e sui social, la bellezza di questo evento, unico nel suo gene-re, per il propositivo messaggio che sottende.

 

 

Un’iniziativa significativa – Siamo abituati a considerare la relazione tra stranieri nel segno della solidarietà che deve risolvere problemi e bisogni; questa serata, invece, nasce con uno spirito nuovo: teso ad esaltare i legami che esistono tra territorio e le comunità straniere, tra Enti, Associazioni, Amministrazioni locali e le realtà di migranti che vivono un comunione di vita sociale nel tessuto urbano di Salerno e della sua provincia. L’evento di gala ha messo in evidenza la fratellanza nel segno della bel-lezza e dell’eleganza, sottolineando che la di-gnità e l’umanità non hanno confini.

 

L’evento di gala – Il GALA DEI POPOLI è sta-to uno speciale evento sociale che ha avuto luogo nell’architettonico gioiello della Stazione Marittima di Salerno, luogo di connessioni e di

 

 

 

 

scambi, di arrivi e par-tenze, in cui sperimen-tare l’innata ospitalità mediterranea dei suoi abitanti. L’esclusiva se-rata ha voluto presen-tare la ricchezza delle diverse culture stranie-re che abitano il territo-rio salernitano e la sua provincia, promuovere la Festa dei Popoli di Salerno e la sua de-cennale esperienza, favorire la cultura dell’accoglienza. Uni-ti nella diversità è stato lo slogan di que-

 

sta prima edizione, che ha testimoniato la bel-lezza dello stare insieme nel rispetto del-la pluralità, dalla quale si parte per giungere

 

– con l’interazione delle parti – all’unità di po-poli, di sentimenti, di ideali che daranno vita ad una nuova società, multietnica e multicul-turale. La Serata ha visto un aperitivo networ-king, momento perfetto che ha favorito le re-lazioni tra tutti i partecipanti, che si sono ri-trovati a degustare le bontà gastronomiche preparate dall’I.P.S.E.O.A. Roberto Virtuoso di Salerno, nel clima conviviale dell’ifṭār, pasto serale consumato con gli amici musulmani ad interruzione del digiuno quotidiano di questo tempo di Ramadan. La serata di gala, svoltasi alla presenza di esponenti del corpo diplomati-co che hanno reso lustro alla platea, si è poi arricchita di uno speciale intrattenimento, du-rante il quale sono stati assegnati originali ri-conoscimenti a coloro che si sono contraddi-stinti per il sostegno dato alla singole comuni-tà. Per intrattenere tutti gli invitati è stata proposta una sfilata di abiti tradizionali delle comunità straniere, vestimenti antichi e con-temporanei dei Popoli, beni culturali aventi

 

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valore di civiltà, nelle cui pieghe sono cucite la cultura e la tradizione, le vicende storiche, so-ciali, geografiche, le identità religiose e antro-pologiche di ciascuna comunità, popolo e na-zione.

 

Promotori e sostenitori – Il Gran Gala è sta-to promosso ed organizzato dall’Ufficio Migran-tes Arcidiocesi Salerno-Campagna-Acerno e Consulta Festa dei Popoli Salerno (costituita dai referenti delle comunità straniere che si adoperano da oltre un decennio alla Festa dei Popoli di Salerno), con il sostegno della Banca di Credito Cooperativo di Monte Pruno, la Fon-dazione della Comunità Salernitana onlus, la Stazione Marittima – Autorità Portuale Saler-no, l’Associazione Stella Maris e ACLI Salerno.

 

La bellezza salverà il mondo – Quello a cui gli invitati hanno assistito è stato un concen-trato di bellezza che dal contenitore

 

dell’evento e attraverso gli abiti sfoggiati si è trasferito sul volto di tutti i presenti, per un evento che ha rappresentato un unicum in questo periodo storico e che invita altri ad im-pegnarsi sulla stessa via della pulcritudine, che è nuovo luogo d’incontro per popoli e cul-ture. Secondo i membri della Consulta Festa dei Popoli Salerno, non c’è niente, come la bellezza, in grado di attraversare i secoli, smuovere le coscienze, parlare un linguaggio universale nel tempo e nello spazio. Di fronte a qualcosa di bello il cervello umano attiva – a tutte le latitudini e a qualsiasi età – dei mec-canismi di riconoscimento, proprio perché la bellezza è uno strumento comunicativo, è sin-tesi di un processo vitale che rivela la forza e la creatività della vita e degli uomini che pos-sono vivere uniti nella diversità.

 

Marta

7 –

 

L’accoglienza della famiglia Calò

 

Lunedì 17 Giugno, presso l’Istituto Saveriano di Salerno, ha avuto luogo l’ultimo appuntamento con i testimoni della fede che la famiglia Saveriana salernitana, su proposito di Padre Claudio Marano e con la collaborazione degli Uffici diocesani – Migrantes e Centro Missionario – e della EMI, ha propo-sto per tutto l’anno pastorale

A dar voce a questo momento di incontro vi era Nicoletta, moglie, mamma, insegnante, di Treviso, che ha accolto, in accordo con tutta la sua famiglia, 6 giovani migranti. È nata così una nuova comunità in casa Calò: 6 bianchi e 6 neri – 6 italiani e 6 africani. Ecco parte del suo emozionante racconto, custodito nel vo-lume A casa nostra – I nuovi ragazzi della famiglia Calò edito dalla EMI.

 

“Non era nei nostri programmi allargare così la famiglia, sebbene ci è sempre piaciuto che es-sa fosse grande. Con mio marito ascoltavamo angosciati le storie di morte nel Mediterraneo. Tanto era il dolore dinanzi ad ogni notizia dif-fusa dai telegiornali, che decidemmo di non commentare più quei tragici eventi, che ci la-sciarono in lunghi silenzi, nella primavera del 2015”.

 

Aprile 2015, infatti, è stata per Antonio Calò e la moglie Nicoletta Ferrara, un tempo signifi-cativo, connotato dal naufragio di oltre 1000 persone nel canale di Sicilia.

 

“Basta! – disse mio marito – abbiamo solo la casa, apriamola a loro! e così, con questa fra-se, detta tutta di un fiato, abbiamo dato inizio alla nostra esperienza, frutto di una scelta e non di un progetto. Di colpo abbiamo capito che dovevamo lasciarci attraversare dalla storia, sebbene siamo consapevoli, oggi, di

 

 

 

 

di spazi, quelli della nostra casa in cui erava-mo pronti a stringerci coi nostri 4 figli, per ac-cogliere da 2 a 6 giovani. Furono così accolti 6 ragazzi, sebbene avessimo richiesto delle don-ne, poiché più fragili, secondo il nostro pensie-ro. Sono arrivati alla nostra porta 6 giovanotti che hanno connotato fortemente il carattere maschile della nostra famiglia, dove ora siamo 2 donne (Nicoletta e sua figlia) e 10 maschi (Antonio, 3 figli italiani e 6 figli africani). Qual-che preconcetto ha rischiato di attanagliarci: maschi, musulmani, giovani… ma è bastato incrociare il loro sguardo per fugare ogni brut-to pensiero”.

 

L’esperienza di apertura del cuore e della pro-pria casa, non ha interessato solo la famiglia Calò, ma ha avuto effetti anche nelle loro rela-zioni sociali. “All’ arrivo di questa massa nera

 

– racconta Nicoletta – i vicini si riversarono in strada; con loro avevamo avuto sempre un buon rapporto, ma quel nostro gesto li aveva resi, improvvisamente, a noi ostili. Questi loro atteggiamenti ci hanno intimoriti e ci siamo detti forse stiamo sbagliando? Signore cosa stai chiedendoci?. Ma proprio quella paura ci ha spronato a rimaner fedeli e fiduciosi. C’era un dentro e un fuori: in casa c’erano relazioni nuove e belle, da coltivare, custodire, curare, tutelare. Fuori c’era clamore mediatico, gior-nalisti ed insulti che ci hanno profondamente feriti. Io, maestra del mio paese, conosciuta

 

 

 

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da tutti, mi sono ritratta in casa, per tutelare i nuovi arrivati e coltivare questa convivenza, rifugiandomi anche da sguardi minacciosi e di disprezzo. Abbiamo comunque attivato un processo, pian piano, di conoscenza, di incon-tro e così, liberati dai preconcetti, toccando la realtà, anche buona parte dei nostri vicini ha cambiato idea. Animata da uno spirito tenace, io ho bussato alla porta di alcuni vicini che a-vevano deciso di tenerci a distanza e, con la scusa di offrire in dono la verdura che un no-stro nuovo figlio aveva raccolto nei campi, ho rotto quel gelo”.

Sicuramente in casa Calò si respira la ricchez-za che nasce dalla relazione autentica e che genera intrecci di storie ed emozioni. “ La cena

 

è             sempre stata il momento familiare più bello

 

– condivide Nicoletta – in cui le pietanze afri-cane, cucinate con entusiasmo dai nostri gio-vani, connotavano il pasto. Abbiamo avuto poi la pessima idea di chiedere loro di raccontare la storia personale di ciascuno e la scoperta della sofferenza in Libia ci ha sconvolto, al punto tale che abbiamo pianto al primo rac-conto, il cui carico di sofferenza non siamo stati in grado di digerire, per cui abbiamo so-speso questo argomento la cui conoscenza si è, poi, dipanata nel tempo di questa vita tra-scorsa insieme. Nonostante fossimo in dodici, in casa non si è mai discusso, mai una tensio-ne: forse vivere insieme con gli altri aiuta a sviluppare tolleranza. Vi racconto un aneddoto della nostra vita: mio figlio desiderava fare il cammino di Santiago e solo la sera prima di

 

 

 

 

partire si è accorto di non aver le scarpe per affrontare il viaggio. Mohammed con grande gioia gli ha donato le sue scarpe, ritirate alla Caritas, e questo gesto ha sancito quella reci-procità che è la base della nostra convi-venza. Noi da loro abbiamo ricevuto tantissi-mo: le benedizioni delle loro preghiere, l’aver portato Dio a tavola, l’averci aiutato a parlare di Dio nella quotidianità, l’aver riscoperto il rispetto per i genitori; tutti valori annacquati nella nostra opulenza! Noi abbiamo scoperto di avere ricevuto una grazia che ci ha portato a vivere un dono di liberazione, caratterizzato

 

dalla rinuncia al possesso, a vivere in comunione.

 

Non siamo riusciti a far tutto da soli, abbiamo chiesto aiuto ad una psicologa, quando ab-biamo capito che non basta-vamo per supportarli. Su invi-to dei ragazzi stessi, ho con-tattato via cellulare anche le mamme delle quali custodisco

 

i               figli e che riversano quoti-diane benedizioni sulla mia famiglia”.

 

L’esperienza di Nicoletta e suo marito si radica in una scelta di fede, fatta di preghiera ed opere, infatti, ci racconta: “ in tutto questo tempo, con mio marito ci siamo lasciati inter-rogare dalla figura dei poveri

 

descritti nella Scrittura e, accompagnati dalla Parola e sostenuti da un amico sacerdote, ten-tiamo di leggere sotto questa luce la nostra vita e ci sentiamo spinti ad essere loro accan-to. Riconosciamo, grazie al nostro cammino di fede, che in questo cambio di rotta della no-stra famiglia vi è un preciso disegno”.

 

Fuori dalla scuola dove lavora Antonio, Forza Nuova, tempo fa, ha affisso 6 manifesti con la foto della famiglia Calò, colmi di ingiurie, e ponendo il quesito: perché non prendete nella vostra Casa gli italiani? La semplice risposta di Nicoletta e Antonio è stata questa: “la nostra storia di vita si è incrociata con la storia dei migranti; noi ci siamo rimboccati le maniche e ciascuno, nell’ambito che reputa opportuno e più prossimo alla propria sensibilità, può fare lo stesso”. Non è stata questa l’unica difficoltà a dover essere affrontata:

 

 

“Le difficoltà ci sono venute dall’esterno, non dall’interno; questo è avvenuto, per esempio, quando non sono state accolte le istanze di soggiorno dei nostri ragazzi presso la Prefettu-ra. In quei momenti duri, la speranza dei no-stri nuovi figli ha rinfocolato spesso la nostra: loro sono sempre pronti ad andare avanti sen-za far entrare la disperazione”. La rete di ami-cizie ha aiutato molto la famiglia Calò a trova-

 

re tirocini per preparare i nuovi figli al lavoro professionalizzato. Oggi ci sono datori di lavo-ro che vogliono investire su di loro, riconosco-no gli sforzi del loro percorso, tanto da propor-re loro contratti a tempo indeterminato, favo-rendo così lo sviluppo della loro dignità e valo-rizzando le loro competenze.

 

“Vivere in famiglia – conclude Nicoletta – aiu-ta tantissimo l’integrazione; noi l’abbiamo spe-rimentata con quel pizzico di follia che noi stessi abbiamo messo in campo, ma che non

 

 

 

 

può essere chiesto a tutti; va invece da tutti interpellato il coraggio, per rompere il muro del pregiudizio e rinunciare a spazi, ricevendo, come la nostra esperienza attesta, il centuplo in grazia e benedizione. Abituiamoci a vedere il bene e non la minaccia; ciò che è diverso non è minaccia, ma ricchezza. È normale che chi non ha, ricerchi, noi che invece abbiamo tanto, ci preoccupiamo solo di tene-

 

re/continuare a possedere. Mettiamoci den-tro la storia. Ciascuno può portare avanti la storia dell’umanità I miei figli africani sono increduli per essere trattati bene, di vivere con dei bianchi come fratelli, usando le loro stesse cose, e soprattutto amati”.

 

Oggi, Nicoletta e il marito Antonio, vivono in una canonica con un sacerdote, in accor-do col vescovo, dando vita ad una comunità in cui si vive la complementarietà delle vocazioni (sacerdotale e matrimoniale). La canonica, a detta di quanti li conoscono, ora sa più di casa e con loro vivono uno dei figli della famiglia Calò, un seminarista in tempo sabatico, un ragazzo del Mali, una ex alun-na del prof. Calò. Tutto può diventare ricchezza ed opportunità.

 

Marta

Ancona

 

Le attività degli ultimi mesi ad Ancona

 

 

 

 

Siccome è un po’ di tempo che non avete no-stre notizie ho pensato di scrivervi una sintesi di questi ultimi mesi nei quali siamo stati coin-volti in varie attività, eventi e momenti di in-contro sia a livello diocesano che come gruppo di laicato.

 

In ambito diocesano uno degli eventi che ci ha coinvolto maggiormente è stato il meeting dei popoli del 16 giugno organizzato in collabora-zione tra ufficio Migrantes, Caritas diocesana, ufficio missionario e comune di Ancona.

 

L’evento svoltosi nelle grande parco di Posato-ra prevedeva un pomeriggio insieme con gio-chi da varie parti del mondo, una tavola ro-tonda alla quale ha partecipato, assieme al nostro arcivescovo e alla giornalista siriana Asmae Dachan, anche il nostro Antonio Boni-facio come delegato Regionale Migrantes Campania, ed infine uno spettacolo nel quale le comunità coinvolte si sono esibite con canti, poesie e balli tipici della loro terra

 

 

 

Rimanendo in ambito diocesano ci sono stati altri due eventi che ci hanno visti protagonisti nella loro organizzazione: la serata sul micro-credito e la settimana “GO_MITI creativi”. La prima era una serata organizzata in colla-borazione tra la BCC di Filottrano (nella perso-na di Alessandro che segue il progetto sin dall’inizio nel 2009) e la Caritas diocesana di Ancona per celebrare i 10 anni del progetto di microcredito in diocesi. Il titolo del convegno era microCREDITO e MACROsperanza e si è riflettuto su come il credito possa aiutare re-almente le persone a uscire da situazioni di difficoltà o realizzare piccoli sogni, recuperan-do la sua finalità originaria a servizio della persona.

 

È             stato un momento molto bello di incontro, conoscenza, dialogo e festa.

 

 

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La settimana GO_MITI creativi a inizio Luglio ha visto coinvolti insieme alla Caritas, l’associazione Zona Musica in cui lavora Bea-trice e la comunità dei focolarini di Ancona. Una settimana di fraternità che ha visto prota-gonisti diversi giovani della diocesi che hanno vissuto un’esperienza di incontro, di volonta-riato e di scambio conoscendo varie realtà del-la città impegnate nell’accoglienza, tra cui Ca-ritas, due comunità di minori e due di disabili, vivendo momenti di servizio, svago, sport, cu-cina e formazione . Perché, come ricordava lo slogan: “Il volontariato non finisce in un’azione ma comincia in una relazione!

 

 

Questi momenti vissuti in diocesi in colla-borazione tra vari enti nei quali abbiamo ruoli di responsabilità sono stati un e-sempio molto bello di lavoro insieme, mettendo a disposizione i carismi di o-gnuno di noi una sinergia agevolata dal fatto che pur in ambiti diversi condivi-diamo lo stesso stile e una visione delle cose maturata nel tempo.

 

Per concludere un progetto importante di cui non vi avevamo parlato perché ancora non era stato ufficializzato è il gemellaggio voluto dal vescovo della nostra diocesi con quella amaz-

 

 

 

 

zonica dell’Alto solimoes dove è vescovo il sa-veriano Alfonso che avevamo incontrato ad aprile Simone ed io in quanto rappresentanti degli uffici Caritas e missionario che seguiran-no il progetto in diocesi per i prossimi tre-quattro anni.

 

Rimanendo in ambito saveriano, gli ultimi due momenti di cui volevo raccontare sono state le due serate di incontro dai missionari Saveriani di Ancona: una con padre Paggi e le ragazze Munda dal Bangladesh e l’altra con padre Alex Brai e padre Mattia (Giovanni Matteazzi) dalla Thailandia.

 

Quando i missionari passano a visitare le co-munità alle quali sono in qualche modo legati

 

è             sempre un bellissimo momento di ritrovo, scambio, re incontro anche con persone che frequentavano anni fa la casa dei padri e che nel tempo si perdono di vista.

 

Padre Paggi è venuto a visitarci Per conoscerci meglio dopo l’esperienza di Franca e Patrick e per farci conoscere alcune ragazze Munda che hanno avuto il privilegio di accompagnarlo in Italia per una visita. È stato un momento mol-to bello che ha offerto alle persone partecipan-ti la possibilità di conoscere la difficile realtà femminile in Bangladesh e il prezioso lavoro di accompagnamento e di riscatto di cui sono ar-tefici missionari come p. Paggi a fianco degli ultimi.

 

adre Alex e padre Mattia che hanno vissuto qui alcuni anni e ai quali siamo legati da un’amici-zia che resiste al tempo e alla lontananza. Ci hanno raccontato la loro esperienza missiona-ria in Thailandia.

 

Adesso aspettiamo il racconto di padre Diego Pirani, missionario in Camerun, che “gioca in casa”.

 

Cari amici, l’incontro più bello che adesso fa-remo è con tutti voi alla convivenza estiva e non vediamo l’ora di abbracciarvi! A presto.

 

Alessandra

 

 

 

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Laicato Saveriano                                Luglio 2019

 

 

Desio

 

Un Bacio in Brasile… e tanti in Bangladesh

 

È il titolo della serata organizzata dal gruppo dei laici di Desio per promuovere il viaggio in Brasile di questa estate del nostro amico Cristian, detto appunto Bacio

 

Il giorno 8 giugno, presso la casa dei Missiona-ri Saveriani di Desio, abbiamo organizzato un aperitivo per far conoscere ad amici, simpatiz-zanti e semplici cittadini, esperienza che Cri-stian andrà a fare nell’Amazzonia brasiliana, nella missione dove lavora Padre Paolo Andre-olli, che ha accompagnato alcuni di noi nei nostri cammini giovanili, e molto vicino alla missione della sorella Saveriana Lidia, anch’essa guida di molti di noi.

 

Tra un piatto di insalata di riso e una caipirin-ha, abbiamo ascoltato il racconto di Cristian, del lavoro che sta facendo P. Paolo, per la co-struzione di un centro giovanile.

 

Lo scopo della serata era, oltre a raccogliere qualche offerta da portare a P. Paolo, quello di farci conoscere come gruppo, della spinta mis-sionaria che ci spinge a vivere appieno la no-stra saverianita’, la nostra vocazione alla mis-sione, nonostante il nostro essere laici e quindi ben posizionati nel mondo, portando il mes-saggio di Gesù in una realtà ormai sempre più lontana da quei valori cristiani che vengono sempre più considerati vecchi, a favore di una realtà chiusa dalla paura del diverso, conside-rato anche da molti cattolici, mina delle nostre tradizioni, e che invece sono risorsa e immagi-ne di Cristo che si fa presente nei poveri, negli esclusi e nei diversi. La missione come incon-

 

 

 

tro dell’altro, come possi-bilità di vera conoscenza per creare rapporti saldi e duraturi con le realtà missionarie nel mondo. Abbiamo po-tuto fare tut-to questo anche grazie alla presenza di Padre Lui-gi Paggi,

 

missionario in Bangladesh che era in Italia con alcune ragazze della tribù dei Munda, il quale l’anno passato ha ospitato nella sua missione Franca e Patrick, laici missionari di Parma.

 

Il racconto di P. Luigi del suo lavoro con que-ste ragazze, strappate giovanissime, 11-12anni, a matrimoni combinati dalle famiglie, ha suscitato interesse nei presenti alla serata. Due esperienze di missioni differenti, una da vivere e l’altra consolidata da anni, che hanno convissuto per una sera.

 

Perché la missione non è solo raccolta fondi, non è fare, ma è essere testimoni dell’amore di Dio, è stare dove nessuno ci vuole stare

 

Buon viaggio Cristian.

 

Buon futuro ragazze Munda.

 

Matteo

BACHECA

 

 

 

Il mese scorso la famiglia Chiappari assieme a Pao-lo e Giovanna e altre persone, hanno vissuto una breve esperienza in Congo. Nell’attesa di leggere o ascoltare le loro impressioni di questo viaggio met-tiamo una bella foto di gruppo.

 

APPUNTAMENTO ALLA CONVIVENZA!!

 

Ricordatevi di portare un documento di identità…..

 

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