Educazione e Sviluppo per la Pace tra i Popoli” nel 50º dell’Enciclica Populorum Progressio

IL FEPP: nome e missione
Riportiamo qui l’intervento tenuto dal sig. Giuseppe Tonello al Convegno di Studio tenutosi a Brescia alcuni mesi fa dal titolo “Educazione e Sviluppo per la Pace tra i Popoli” nel 50º dell’Enciclica Populorum Progressio. Per chi vorrà leggerlo offre lo spunto per vedere come è possibile rendere concreto il Vangelo coniugando sviluppo e valori cristiani. Una bella storia di cui Alessandro è stato testimone anche durante le sue missioni in Ecuador.

 

Mons. Cándido Rada (+1995) diceva che il Regno di Dio bisogna non solo celebrarlo e proclamarlo, ma anche costruirlo qui ed ora e che la Dottrina Sociale della Chiesa non basta studiarla e conoscerla: bisogna anche metterla in pratica.
Per questo nel 1970, tre anni dopo la promulgazione dell’Enciclica Populorum Progressio di Paolo VI, aiutato da un gruppo di laici e laiche cristianamente impegnati, costituí il Fondo Ecuatoriano Populorum Progressio – il FEPP come si dice in Ecuador – mettendo come capitale iniziale 2000 dollari che i Salesiani gli donarono.  Il Papa nell’enciclica chiede la costituzione di un grande fondo mondiale per lo sviluppo dei popoli riducendo le spese militari.  Quando seppe dell’esistenza del FEPP, Paolo VI in persona contribuí con circa 8.000 dollari.
Oggi il FEPP é il Gruppo Sociale FEPP.  Si potrebbe definirlo come una holding dello sviluppo e della solidarietá.  Siamo quasi 600 persone e lavoriamo in tutto l’Ecuador con oltre 140.000 famiglie emarginate.
Il nostro piccolo fondo iniziale adesso é una banca, che si chiama banCODESARROLLO, banca “Desarrollo de los Pueblos”, “Sviluppo dei Popoli”, “Populorum Progressio”.  E’un’alternativa all’usura e allo sfruttamento dei poveri.
In 47 anni di vita e di servizio, il fondo prima e poi la banca hanno messo a disposizione dei poveri organizzati in cooperative, associazioni, reti e consorzi circa 900 milioni di dollari, che sono diventati terra, case, sementi, animali, attrezzi, laboratori, piccole fabbriche, boschi e frutteti, canali per l’irrigazione, finanziamento del commercio equo e solidale, ecc…  Tutte queste realtà sono misurabili e quantificabili. Nella vita delle persone questo si traduce in lavoro, cibo sufficiente, salute, studi dei figli, speranza di cambiamento, organizzazione sociale, rafforzamento della famiglia, equità, cammino verso una maggiore dignitá e libertá. Questi risultati non sempre sono quantificabili, ma sono fondamentali per il cambiamento della nostra società.
Per raggiungere questi risultati abbiamo avuto un fondamentale aiuto tecnico e finanziario  anche da parte del Credito Cooperativo Italiano.  Una nuova forma di fare cooperazione internazionale che ci ha messo a disposizione circa 75 milioni di dollari  Adesso ci risulta sempre più difficile raccogliere dalla solidarietà internazionale le risorse che ci venivano donate 20 o 30 anni fa.
Lavorando con i contadini abbiamo imparato che “vince la povertà chi produce piú di quanto consuma”.  Abbiamo per questo aiutato le famiglie a migliorare la produttivitá senza farle ulteriormente indebitare.  Una mucca che faceva 5 litri di latte al giorno, adesso arriva a farne 15.  Una pecora che produceva due chili di lana l’anno, adesso ne produce sei.  Piú patate, mais, riso e fagioli per ettaro.  Piú frutta per pianta.  Il di piú che si produce serve per far crescere nei poveri lo spirito del risparmio.  Cosí il loro futuro sará meno incerto.  Chi non risparmia, poco o molto che sia, non riuscirà mai a sconfiggere la povertà.

É la gente, col suo lavoro, che risolve i problemi della povertáNoi siamo solo collaboratori.  In un paese ricco di risorse come l’Ecuador la povertà della maggioranza della popolazione è causata dalla cultura (ciò che c’è nella testa dei ricchi e dei poveri) e dalla struttura socioeconomica che determina il funzionamento della società.
Abbiamo imparato anche che “senza soldi non si fa sviluppo, ma con i soldi SOLTANTO non si fa uno sviluppo equo e sostenibile”.  E qui la domanda è:  a cosa è più urgente destinare le ormai scarse risorse della cooperazione internazionale?
Dato che il credito era la chiave che apriva le porte delle comunitá e vinceva la diffidenza della gente, bisognava andare oltre i semplici benefici economici.  Il credito quindi é stato preceduto e accompagnato dalla presenza dei nostri tecnici, educatori e promotori sul territorio, da addestramento, formazione umana e professionale, costituzione di organizzazioni popolari, creazione di strutture per la commercializzazione comunitaria, protezione della natura, ecc.  Una ricerca costante di migliorare la vita.  Ogni intervento per lo sviluppo dei popoli deve avere una dimensione educativa e organizzativa.
Prima ancora di far crescere le strutture comunitarie abbiamo visto la necessità e l’urgenza di far crescere le persone e le famiglie rispetto alle virtú e ai valori, alle conoscenze e alle capacitá operative, alle relazioni con gli altri, alla superazione di tante forme di paura e sfiducia, al culto della qualitá, all’innovazione.  Il nostro slogan, prendendo un concetto espresso da Paolo VI nell’enciclica “Ecclesiam Suam” é: “Investiamo in umanitá”.  Se le persone crescono in modo integrale, tutta la societá cambierá e quindi un paese ricco di risorse ma pieno di poveri come l’Ecuador, diventerá un paese piú giusto e piú pacifico.  La Chiesa, esperta in umanità, offre al mondo una visione globale dell’uomo e dell’umanità (P.P. 13).
La Populorum Progressio insegna che “il vero sviluppo é il passaggio di ogni persona, di tutta la persona e di tutte le persone da condizioni di vita meno umane a condizioni di vita piú umane”.
Le condizioni di vita meno umane sono quelle  di coloro che sono privati del minimo vitale, ma pure quelle di coloro che sono mutilati dall’egoismo. (P.P. 21).  Noi abbiamo lavorato a favore di chi era cosí povero che non riusciva neppure a difendere la vita dei propri figli, o a farli studiare, o ad avere una casetta che protegga dalle intemperie. Oggi purtroppo ci sono ancora situazioni come queste.  C’é sempre una relazione fra l’egoismo di alcuni e la povertá di molti, all’interno di ogni paese e anche nelle relazioni fra gli stati.
Le condizioni di vita piú umane le raggiungiamo quando riconosciamo i valori supremi e Dio che ne é la sorgente e il termine.  Questo ci porta alla fede e all’unitá nella caritá, attorno al Padre comune che ci rende tutti fratelli.  Noi, come membri di un ente di ispirazione cristiana, speriamo che il nostro lavoro sia un piccolo segno della bontá del Signore.
Questi concetti ci hanno spinto a costruire un GSFEPP presente nei territori con promotori, educatori  e tecnici (55 aree di intervento), articolato in imprese sociali per il commercio equo e solidale, per l’approviggionamento di sementi, attrezzi e materiali vari, per le costruzioni civili e idrauliche (acquedotti e irrigazione), per la legalizzazione delle terre, per l’informatica, per la stampa, per la sostenibilitá ambientale: tutto questo animato da una grande scuola di formazione spirituale e tecnica che ogni anni aiuta a crescere circa 20’000 giovani e spesso finanziato da banCODESARROLLO.
Abbiamo lavorato tanto per sconfiggere la povertá materiale, quella che si vede e colpisce di piú.  É la povertá piú facile da sconfiggere, perché per farlo basta avere soldi.  Ma presto abbiamo scoperto che la gente soffre anche per altre forme di povertá, a volte piú dolorose e ingiuste: la povertá spirituale, la povertá morale, la povertá culturale, la povertá affettiva.  Solo la crescita delle persone sconfigge queste povertá meno visibili e quindi l’imperativo diventa “investire in umanitá”.  Per questo il cammino verso il vero sviluppo non finisce mai, né in Ecuador, né nei paesi più sviluppati.
I poveri con cui lavoriamo ci hanno insegnato che l’obiettivo finale dello sviluppo é “volersi piú bene, essere felici e vivere in pace”.  Cosi semplice e cosí grande, cosí bello e cosí difficile.  Noi sappiamo che si puó raggiungerlo lavorando con intelligenza, sudore, amore e onestá, cioé donando agli altri il meglio di noi stessi.
Costatiamo dopo 50 anni che le ragioni per cui Paolo VI ha scritto la Populorum Progressio non sono cambiate o forse sono peggiorate:

  • si spende di più per le armi e la difesa che per lo sviluppo;
  • il commercio mondiale castiga i produttori di prodotti agricoli e materie prime;
  • l’emigrazione trova poca accoglienze nei paesi ricchi;
  • il volontariato internazionale si affievolisce;
  • la tecnologia e tecnocrazia orientano i destini del mondo più della filosofia, l’etica e la politica;
  • nel mondo c’è ancora troppo fame, ingiustizia e violenza.

Per questo dobbiamo continuare a lavorare con lo spirito della Populorum Progressio, perché “lo sviluppo è il nuovo nome della pace”.
Giuseppe Tonello
FEPP / banCODESARROLLO

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *